Napolitano e la rivincita della politica

24 Apr 2013 14:02 - di Oreste Martino

Da mesi ascoltiamo inni al ricambio generazionale per dare un futuro all’Italia. L’antipolitica la fa da padrona, grazie agli show di Beppe Grillo rilanciati da tutti i media a tutte le ore del giorno. Un bombardamento mediatico senza precedenti: nemmeno il Berlusconi dei bei tempi aveva tanto spazio quanto il Grillo di oggi. Insomma, spazio ai giovani e basta con i politici. Si scrivono libri sul tema, i giornalisti sprecano fiumi d’inchiostro per dire che i politici tutti hanno fallito, le tv sono piene di persone che dicono peste e corna di onorevoli e senatori. Poi accade una cosa strana: dato che il nuovo parlamento, il più giovane d’Europa – vivaddio! – non riesce a cavare un ragno dal buco, visto che “il nuovo che avanza”, cioè i grillini non sanno dire altro che “no”, considerato che la nuova  pattuglia parlamentare del PD (i giovani turchi su tutti) si oppone a qualsiasi accordo con Berlusconi, il Paese è bloccato. Una fase di stallo ridicola, insostenibile, pericolosa. Che il Movimento cinque stelle ha pagato a caro prezzo già alle regionali in Friuli Venezia Giulia, dove la lista di Grillo ha perso un voto su due in soli due mesi. Un record! Insomma, i nuovi politici e l’antipolitica in soli due mesi hanno dimostrato per l’ennesima volta che nuovo non è automaticamente sinonimo di buono. Per carità, le elezioni hanno dato al Paese un quadro politico balcanizzato, il porcellum ha fatto il resto, Grillo è un’anomalia del sistema (ma non si diceva lo stesso di Berlusconi?) e così via. Il risultato però è stato paradossale: alla prima votazione utile del nuovo Parlamento, i civici di Monti, il “nuovo” Pd e il Pdl di un anti-politico “storico” come Berlusconi, per uscire dall’impasse sono saliti al Quirinale e hanno chiesto a un “vecchio” 87enne, con 60 anni di servizio nei palazzi, quindi un politico di professione, di fare un enorme sacrificio e di togliere le castagne dal fuoco alla “nuova” politica, all’antipolitica, al civismo che è entrato nelle stanze del potere. Giorgio Napolitano, vecchio professionista della politica (mi si perdoni l’espressione), è stato la soluzione. I civici, il nuovismo e l’anti-politica il problema. Due mesi di riunioni, streaming e direzioni, appelli della cosiddetta società civile, del popolo della rete e campagne sui social media (può mai essere questa la “nuova” politica?) per poi arrivare a chiedere aiuto a babbo Napolitano. Che da Padre della Repubblica, con il suo stile semi-regale, nel discorso di insediamento di lunedì ha fatto un vero e proprio j’accuse contro chi lo applaudiva, ossia contro i principali partiti che pure hanno portato forze nuove in Parlamento e contro i grillini e la loro folle pretesa di sostituire la democrazia rappresentativa con una fantomatica democrazia delle rete, dove i 4 mila che han scelto Rodotà alle Quirinarie son diventati all’improvviso “la gente”. Il vecchio politico di professione ha dunque salvato la repubblica. Uno schiaffo alla retorica del nuovismo, del grillismo e delle facce nuove. Che poi quando arrivano in parlamento dimostrano di essere più vecchi dei vecchi. E in questo vecchiume morale condito da tante facce giovani, spicca il rigore, la forza, le emozioni di un grande vecchio (letterale) come Napolitano. Cresciuto in un’epoca dove politica e partiti erano una cosa seria, Re Giorgio II ha dato una lezione a tutto il paese. Per guardare al futuro bisogna ripartire da valori antichi come il senso dello Stato, un codice di comportamento rigoroso, la politica intesa come servizio del Paese e non solo di una parte o addirittura di una persona. Potrà piacere o meno il modo cui si è arrivati alla conferma di Napolitano. Potremo essere contrari al “suo” governo di oggi, così come fu “suo” quello guidato da Monti. Potrà farci orrore il suo passato di ex comunista, le sue posizioni errate nel 1956. Però dobbiamo riconoscere che il vecchio Giorgio merita un posto nel Pantheon dei padri della Patria. Il vecchio Giorgio se lo ricorderanno anche i nostri nipoti. Il nuovismo durerà il tempo di una legislatura. Forse.

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