Il flop di “Violata”, la statua contro la violenza sulle donne. Il pubblico femminile non gradisce
Una statua dedicata alle donne vittime di violenza. Un intento lodevole. Un nome che traduce l’essenza del delitto contro la dignità femminile: “Violata”. Il risultato però, più che deludente, è controproducente. Lo scultore Floriano Ippoliti ha messo la firma su un’opera che, appena installata ad Ancona, ha suscitato critiche e rimproveri, e non solo per una ragione estetica. La statua raffigura una giovane donna con i vestiti strappati. Guarda caso l’abito in brandelli lascia scoperto un prorompente lato B e un seno prosperoso. Insomma sembra una pornostar più che una ragazza che se l’è vista brutta con la violenza di qualche branco. Dove sta la dignità calpestata, dove sta l’umiliazione, dove il dolore? Dice: anche le statue di donna dell’antichità raffigurano il corpo femminile senza veli. Appunto: o senza o con. Giocare invece con le mezze nudità produce un effetto voyeur che non è proprio il massimo se lo scopo della scultura è educare i maschi ad essere più rispettosi con l’altro sesso. Infatti il sedere di “Violata” sta diventando un cult sui social network. E non lo si mette in mostra solo per criticarlo. E di notte c’è chi contrattacca: alla statua è stata messa una giacca, per attenuare un po’ l’idea che la scultura, peraltro pagata anche con fondi regionali (10mila euro) stia lì per attirare clienti di un locale a luci rosse. E c’è anche chi si fa fotografare accanto a “Violata” con le mutande calate. Certo non era nelle intenzioni di Ippoliti, ma il suo messaggio non dev’essere stato interiorizzato visto che si stanno raccogliendo firme per rimuovere “Violata” dalla rotonda dove è stata collocata e dove si erge, sfrontata e incompresa, suscitando più lazzi e curiosità che consapevolezza del dramma delle donne vittime di abusi. Il punto è che sembra che la violazione della donna risieda appunto nel mettere in mostra ciò che la morale sociale vorrebbe restasse al riparo da sguardi indiscreti. Un’idea bizzarra, e anche un po’ antiquata. Morale: giocare con la retorica è sempre pericoloso. Scivolano i politici, scivolano gli artisti, e il buon senso comune sta sempre lì, all’erta, a ricordare a tutti che i gesti concreti (pene più severe, per esempio) servono molto di più, dinanzi a questo fenomeno, dei gesti di pietra (o di bronzo).
Guardandoti quella scultura tutto si può pensare tranne che di violenza sulle donne.
Ippolita cambia mestiere.