Anderson: «Era un clima di caccia all’uomo». Rossi: «Il Msi era ben inserito nel quartiere, dava fastidio»
Negli anni Settanta il Movimento Sociale era formato soprattutto da giovani, migliaia di giovani, che si riconoscevano nell’organizzazione giovanile del partito, il Fronte della Gioventù, succeduto nel 1972 alla Giovane Italia. Nel 1972 il Fronte contava 140mila iscritti in Italia e centinaia di sezioni. Ma era a Roma che si svolgeva la maggior parte della sua attività e delle sue battaglie, ed è a Roma che i ragazzi del Fronte hanno pagato le più gravi conseguenze del loro impegno e della loro passione politica. Ragazzi di 13, 14 o 15 anni si sono trovati a dover fronteggiare nelle scuole e fuori situazioni più grandi loro, aggressioni, violenze, discriminazioni a opera di chi non concepiva posizioni politiche e culturali al di fuori di quelle marxiste. Alcuni ci hanno rimesso la vita, moltissimi sono stati feriti, molti arrestati e molti i latitanti. Fu una guerra civile strisciante ma continua che andò avanti per oltre un decennio. E non furono opposti estremismi, come amava dire la Dc, il clima era diverso, era da caccia all’uomo, da quell’«uccidere un fascista non è reato» assurto a religione di altre migliaia di giovani, fanatici, colti da follia collettiva che convinti di avere ragione non esitavano a eliminare fisicamente con ogni mezzo i loro avversari politici, i missini, in questo coccolati dai principali quotidiani e da tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale. Tre milioni di persone fuorilegge, in esilio in patria. Ne sa qualcosa Massimo Anderson, che per anni di quei giovani esclusi fu il segretario nazionale e che dovette gestire la burrasca degli anni di piombo, evitando a tutti i costi il naufragio della fragile nave che aveva come simbolo la fiaccola tricolore. «Quella mattina del 16 aprile 1973 – racconta Anderson – mi trovavo insieme con altre persone a Palazzo del Drago (la vecchia direzione nazionale del Msi in via Quattro Fontane, ndr), e quando arrivò la telefonata al centralino andammo tutti sul posto. C’era tanta gente, tutto il quartiere, i vigili del fuoco le forze dell’ordine… ero andato molte volte nella sezione “Giarabub” guidata dal bravo Mario Mattei a tenere conferenze, fare rapporti, incontrare gli iscritti, e conoscevo bene sia lui sia la moglie Anna sia il giovane Virgilio, che faceva parte dei Volontari nazionali (l’organizzazione di autodifesa del Msi). Una famiglia perbene, popolare, generosa». Continua l’allora segretario del Fronte: «Avemmo una serie di riunioni con i vertici del partito, e la disposizione di Almirante fu quella di non fare manifestazioni reattive al fine di evitare altre violenze». E ai funerali Almirante disse proprio questo, ossia che non c’è nulla di più alto del monito che sale da un popolo civile che commemora i suoi morti in silenzio e giura di essere degno di loro. «Ci occupammo immediatamente – continua Anderson – di aiutare la famiglia, di organizzare i funerali, di stare vicino a chi era stato così duramente colpito. Le esequie furono davvero imponenti, e non c’erano solo gli attivisti del partito a seguire i feretri». Da segretario nazionale del FdG Anderson ricorda che il clima era proprio quello da guerra civile, «era una guerra quotidiana, noi operavamo soprattutto sul piano difensivo ma reagimmo soprattutto sul piano politico e culturale, con una forte mobilitazione delle sezioni e delle piazze, e anche dopo un fatto così grave nessuno si tirò indietro». L’intendimento del Msi fu infatti sempre quello di aprire nuove sedi, in tutti i quartieri, per poter svolgere pacificamente attività politica ed essere presenti capillarmente sul territorio. La sezione Primavalle tra l’altro fu aperta proprio da un altro testimone dell’epoca, Alberto Rossi, capo dei Volontari nazionali, che era amico della famiglia Mattei. «I Mattei erano una delle famiglie missine storiche a Roma, li conoscevo da anni, sono stato il padrino dei loro figli, il “compare”, come si dice a Roma». Rossi ricorda ancora: «Poiché la sezione di via Svampa era chiusa da qualche anno, ma i locali erano ancora disponibili, chiesi a Mario di volersene occupare, e lui accettò con grande entusiasmo e generosità, così come il figlio maggiore Virgilio. Anche se – aggiunge Rossi – la più determinata era la madre Anna, vera anima della sezione». «All’inizio andavamo, racconta ancora Alberto Rossi, noi Volontari ad aprire la sede e a fare le prime timide affissioni e volantinaggi, ma dopo qualche mese il quartiere si avvicinò, la gente prese coraggio, e fioccarono gli iscritti e l’attività si intensificò». Rossi nega che Primavalle fosse un quartiere particolarmente ostile, difficile: «Certo, i “rossi” erano in maggioranza, ma i Mattei e gli altri iscritti erano gente di popolo, perbene, che non mancò di farsi apprezzare e seguire». E fu proprio questo “successo” della sezione del Msi che ne determinò la condanna: «Dovettero venire da fuori a colpirci – ricorda Rossi – quelli di Potere Operaio erano ricchi borghesi che giocavano alla rivoluzione, e non potevano tollerare la presenza dei “fascisti” in un quartiere come Primavalle». E così, in un lussuoso appartamento di Trastevere i giovani ricchi ma rossi decisero di colpire duramente i missini del quartiere. E forse è stato proprio per un motivo di lotta di classe che Lollo, abitante a Primavalle ma di famiglia agiata – nel 2005 confessò denunciando anche quelli che da 32 anni erano stati lasciati in pace da tutti: Paolo Gaeta, Diana Perrone, Elisabetta Lecco, tre “potoppini” radical-chic ansiosi di dimostrare la loro fede colpendo i fascisti cattivi.
a.p.