Azione disciplinare nei confronti di Ingroia: il ministro Severino rincara la dose

18 Mar 2013 10:58 - di Priscilla Del Ninno

Rivoluzionario nelle intenzioni, forse; civile nei modi e accorto nelle esternazioni – a detta dei provvedimenti disciplinari intestati a suo carico – magari un po’ meno. Dall’esperienza maturata in magistratura, e dalla breve parentesi politica al momento finita contro il muro di un severo responso elettorale, Antonio Ingroia dimostra di non aver ben assimilato gli erudimenti previsti dall’arte della diplomazia. E intanto, proprio mentre è costretto a congratularsi con Piero Grasso appena eletto alla presidenza del Senato – altro ex collega “salito” in politica con cui il pm Ingroia ha avuto a che ridire nel corso di una bellicosa campagna elettorale – il ministro della Giustizia Paola Severino torna all’attacco, chiedendo al procuratore generale della Cassazione «di estendere l’azione disciplinare» scaturita dalle dichiarazioni di Ingroia contro i giudici, accusando l’ex procuratore aggiunto di Palermo di aver «leso l’immagine della magistratura». All’indice, le esternazioni di Ingroia rivolte al presidente della quinta sezione penale della Cassazione, che aveva annullato con rinvio la condanna a Marcello dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. È il secondo provvedimento che grava sul leader movimentista arancione in attesa di sciogliere la prognosi sul suo futuro professionale: come riportato dal Corriere della sera in queste ore, infatti, il pg della Cassazione ha già inviato al Csm un «atto di incolpazione» per Ingroia con l’accusa di «aver vilipeso la Corte costituzionale e leso il prestigio e la reputazione dei suoi componenti». Anche in questa circostanza, dunque, nel mirino sono finite alcune dichiarazioni rilasciate nel corso di un paio di interviste dal leader di Rivoluzione civile in merito alla sentenza della Consulta che aveva dato ragione al Quirinale nello scontro tra l’ex pm dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia e il Colle. Dunque Ingroia, che il verdetto delle urne aveva catapultato nell’anonimato politico, torna nel centro del mirino di contraddittori e recriminazioni: e forse, ancora una volta, l’aria del Guatemala potrebbe essere salubre per l’ex pm e rappresentare l’unica possibilità di allontanare echi polemici e scontri istituzionali.

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