L’allarme dei Servizi Segreti: gruppi esteri in azione per impadronirsi del nostro Made in Italy
La crisi economica rafforza «l’azione aggressiva di gruppi esteri» che puntano a acquisire «patrimoni industriali, tecnologici e scientifici nazionali», nonché «marchi storici del made in Italy, a detrimento della competitività delle nostre imprese strategiche». Lo segnala la Relazione dei servizi segreti al Parlamento. L’attività informativa, nota la relazione preparata dal Dis guidato da Giampiero Massolo, «ha confermato il perdurante interesse da parte di attori esteri nei confronti del comparto produttivo nazionale, specialmente delle piccole e medie imprese, colpito dal prolungato stato di crisi che ha sensibilmente ridotto tanto lo spazio di accesso al credito quanto i margini di redditività». Gli 007 puntano l’attenzione su alcune manovre di acquisizione effettuate da gruppi stranieri che, se «da una parte fanno registrare vantaggi immediati attraverso l’iniezione di capitali freschi, dall’altra sono apportatrici nel medio periodo di criticità». Ciò per il «rischio di sostituzione, con operatori di riferimento, delle aziende italiane attive nell’indotto industriale interessato dall’investimento diretto ovvero proprietarie di tecnologie di nicchia, impiegate nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza nazionali, come pure nella gestione di infrastrutture critiche del Paese».
La relazione mette in guardia pure su un’altra emergenza: se la situazione economica non dovesse migliorare c’è il rischio concreto di un «innalzamento delle tensioni sociali» e un’intensificazione delle contestazioni a «esponenti di governo, nonché rappresentanti di partiti politici e sindacali». Il «massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali», affermano gli 007, ha contribuito a contenere le tensioni che sono andare accumulandosi in diversi ambiti, dalla protesta degli autotrasportatori in Sicilia alla campagna contro Equitalia, dalla Tav alla scuola. Ora però, «in assenza di segnali di un’inversione del ciclo congiunturale – si legge nella Relazione – l’incremento delle difficoltà occupazionali e delle situazioni di crisi aziendale, potrebbe minare progressivamente la fiducia dei lavoratori nelle rappresentanze sindacali, alimentare la spontaneità rivendicativa ed innalzare la tensione sociale, offrendo nuove opportunità ai gruppi dell’antagonismo», per «intercettare il dissenso e incanalarlo verso ambiti di elevata conflittualità».