I Monti-boys pensavano a un altro bluff: il riccometro. Ma l’inganno è stato scoperto e gli è andata male

1 Feb 2013 20:08 - di Francesco Signoretta

Sarebbe stato un provvedimento-propaganda con un atroce trucco. La scelta del nome, riccometro, era lì per far credere che sotto torchio sarebbero finiti i Paperon de’ Paperoni, specie quelli che si tuffavano in una piscina di monete d’oro e dichiaravano di non avere un accidenti di euro. In questo modo, i Monti-boys avrebbero buttato un po’ di fumo negli occhi dell’opinione pubblica, alla “vedete? siamo noi che difendiamo chi è in difficoltà”. In realtà, invece, era un provvedimento che nascondeva una patrimoniale tesa a colpire non i ricchi, quelli veri, ma le famiglie che con sacrificio avevano messo da parte qualcosa. Già, perché il governo-Dracula aveva adocchiato anche quei risparmi, da succhiare il più presto possibile.  Il Pdl ha capito l’inganno e ha detto “no”, quel riccometro non s’ha da fare. E il Consiglio dei ministri, convocato per dare l’ok al provvedimento, ne ha dovuto prendere atto. Il governo tecnico intendeva bruciare le tappe per dare ai contribuenti un nuovo Isee, sulla cui base restringere l’accesso alle prestazioni sociali e ai servizi di pubblica utilità per chi oggi gode di condizioni agevolate. L’ennesima stangata, una patrimoniale mascherata, con cui ufficialmente si intendevano stanare i finti poveri che usufruiscono di trattamenti sociali senza averne diritto ma, come detto, avrebbe colpito fasce di cittadini tutt’altro che ricche.  Monti e i suoi laudatores incassano un altro flop. E non poteva essere altrimenti, perché un governo dimissionario non può dare segnale verde a una legge tanto importante. Ma anche un’ennesima brutta figura. Per questo a Palazzo Chigi hanno tentato il bluff facendo sapere che la riunione del Consiglio era andata a vuoto perché  mancavano alcuni ministri. In realtà i ministri mancavano perché il governo si era reso conto che non era possibile fare nulla. Il fuoco di sbarramento lo aveva aperto il Forum delle famiglie, ma era stata la Corte costituzionale ad aprire un varco importante quando aveva bacchettato il governo che non aveva  chiesto il parere di Regioni, Province e Comuni. Non si può fare, aveva argomentato la Consulta. E la Regione Lombardia, appena interpellata, aveva dato segnale rosso. Maurizio Lupi ha spiegato che l’esecutivo tecnico stava  aggiungendo nuove iniquità a quelle già esistenti.  Il meccanismo, infatti, rischiava di peggiorare la situazione, perché non si accompagnava al coefficiente familiare e non delineava un meccanismo in grado di calcolare «i costi per accedere ai servizi». Col Welfare non si fa cassa, fanno osservare al Pdl. E ricordano che il governo di centrodestra, in momenti di vacche magre, seppe recuperare 38 miliardi di euro per destinarli agli ammortizzatori sociali. Quando c’è la crisi si colpiscono i ricchi, non si spara nel mucchio.

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