Quando a Praga la Primavera divenne Inverno…

16 Gen 2013 21:32 - di Antonio Pannullo

Vent’anni sono davvero pochi per morire, ma questa è l’età che aveva il giovane praghese Jan Palach quando il 16 gennaio del 1969 si arse vivo nella piazza principale della sua città. Dopo un fallito tentativo di “damnatio memoriae” da parte dell’internazionale comunista, il gesto di Jan Palach è entrato nella memoria collettiva di ogni europeo. Tutti sanno che 44 anni fa un giovane si immolò per la libertà della sua patria e contro il totalitarismo che in quel momento stava piegano la Cecoslovacchia sotto forma di carri armati. Era uno studente universitario come tanti, e scisse nel biglietto che lasciò di aver preso l’idea dai monaci vietnamiti che si immolavano negli anni Sessanta, e che in Tibet ancora si immolano, e sempre contro il comunismo. Jan voleva scuotere l’indifferenza dell’Europa e dei suoi concittadini verso tutto quello che stava capitando nell’area Comecon: il sogno infranto per il quale si uccise, la Primavera di Praga, divenne realtà solo vent’anni dopo la sua morte, con la caduta del Muro di Berlino e del comunismo. Dopo di lui altri due gioavani si suicidarono nello stesso modo, ma nessuno purtroppo è noto ai posteri, tranne in parte Alain Escoffier, il giovane francese che compì un suicidio rituale di fronte agli uffici dell’Aeroflot (la compagnia di bandiera sovietica) a Parigi Il 10 febbraio 1977, trentesimo anniversario dei Trattati di Parigi al grido di «Communistes assassins». Aveva 27 anni. Il gesto di Jan Palach colpì e turbò profondamente la coscienza europea, soprattutto per la modalità atroce della protesta. Nel gennaio del 1968 in Cecoslovacchia era iniziata quella che poi venne chiamata la Primavera di Praga, ossia una stagione effimera di riforme e di richiesta di libertà dal tallone del Patto di Varsavia imposto da Mosca. Ma il 20 agosto dello stesso anno la Primavera bruscamente finì, nell’indifferenza dell’Europa occidentale, con l’invasione militare delle truppe corazzate di tutti i Paese satelliti dellUrss, tranne la Romania. Nella notte 450mila soldati e 5500 veicoli blindati con la stella rossa entrarono in Cecoslovacchia, mentre l’esercito locale si schierò al confine tedesco per scoraggiare l’invio di aiuti da ovest, aiuti che comunque non ci furono. Nei decenni successivi la figura di Jan Palach è rimasta per tutti i giovani europei  come una scintilla che non si spegne, a lui gruppo musicali come gli Zpm e il cantante Skoll hanno dedicato canzoni, anche se la più famosa è quella di Francesco Guccini. Negli anni successivi alla sua morte il regime cecoslovacco tenne segreto il luogo dove era stato sepolto,che conoscevano solo in pochissimi. Ancora nel 1989, a gennaio, Vaclav Havel fu arrestato per aver tentato di deporre un mazzo di fiori a piazza San Venceslao, da un regime che aveva i giorni contati. Oggi nella stessa piazza Jan è ricordato come merita. Ma l’Occidente spesso preferisce non ricordare la sua ignavia…

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