Primi guai per Ingroia: se ne vanno gli intellettuali di “Cambiare si può”
Gli intellettuali mollano l’ex pm di Palermo Antonio Ingroia. E si dicono delusi e irritati per la piega che ha preso il suo movimento Rivoluzione civile, in pratica una riedizione del vecchio radicalismo arcobaleno. Circa un anno fa lo storico Paul Ginsborg, il politologo Marco Revelli, il sociologo Luciano Gallino, l’economista Tonino Perna, giuristi come Stefano Rodotà ed ex magistrati come Livio Pepino avevano dato vita a un manifesto per un nuovo soggetto discontinuo rispetto al passato. Il programma di “Cambiare si può” (questo il nome del movimento) era chiaro: mai più candidare i grandi vecchi dei partitini di sinistra che hanno combinato solo guai. Forti di 15mila adesioni alla loro rete i professori hanno dettato a De Magistris le loro condizioni: via i vecchi partiti, niente sgeretari in lista, spazio ai movimenti. Ma, come riferiva oggi La Stampa, il 28 dicembre scorso Marco Revelli e Livio Pepino, che a Roma avrebbero dovuto incontrare il duo De Magistris-Ingroia per definire organizzazione e programma, non vengono neanche ricevuti dai leader e apprendono a cose fatte che avranno un ruolo pesante nella nuova sigla di Rivoluzione civile Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi e Idv. Un’operazione trasformista che li manda su tutte le furie. E’ rottura quindi tra Ingroia e gli intellettuali di “Cambiare si può”. Marco Revelli si sfooga all’Huffington Post: “Noi avevamo chiesto un segno di discontinuità, invece questa è stata l’ennesima occasione perduta”. Tornano i vecchi nomi, Di Pietro, Ferrero, Diliberto e Bonelli, e non hanno acluna intenzione di far fare “rivoluzione civile” a professori e intellettuali.