Monti contro il nepotismo. Ma i figli di papà “tecnici” non se la passano così male…
«Per favorire il ricambio generazionale nelle professioni, in politica e nelle istituzioni la parola d’ordine è merito. Spazio a chi è capace. Eliminare subito cooptazioni, nepotismo e baronie», dice Mario Monti, su Twitter. Giusto, bene, bravo, bis. Ma detto dal premier del governo del “nepotismo”, mai così ricco di ministri con figli ben sistemati ai vertici di società o di università pubbliche, fa un po’ ridere, ammettiamolo. Basti ricordare che il ministro Elsa Fornero ha una figlia, Silvia, che a soli 40 anni è già professore associato presso la facoltà di Medicina dell’Università di Torino, con scrivanie vicine a quelle di mamma e papà. Che dire, poi di Luigi Passera, figlio di Corrado, ministro per lo Sviluppo economico, bocconiano, prima spedito ai vertici della Piaggio poi, altrettanto rapidamente, alla grande multinazionale Procter & Gamble. Bravo, certo, meritevole: ma il dubbio che il papà potente aiuti ci resta. Anche Mario Monti ha un figlio, Giovanni, che ha fatto una discreta carriera sulle orme del padre, casualmente nelle banche d’affari, da City Group a Morgan Stanley (come vicepresidente): poi, a un cero punto, tal Enrico Bondi lo ha chiamato alla Parmalat, prima di abbracciare il padre di Giovanni al governo, come responsabile della spending review prima e delle liste montiane poi. Giorgio Peluso, figlio del ministro degli Interni Annamaria Cancellieri, a 42 anni è invece uno dei più ricchi manager mai liquidati in Italia, dopo un incarico lampo come direttore generale di Fondiaria Sai e una buonuscita di 3,6 milioni di euro. Ed ancora, il figlio del ministro Clini, Carlo, sta da anni a Bruxelles dove ha lavorato per l’Upi e per la regione Veneto. Il Guardasigilli Paola Severino, avvocato di grido prima che ministro, ha assunto senza colloquio (è il caso di dire…), la figlia Elenora nel suo magnifico studio romano. E che dire di Michel Martone, figlio di Antonio Martone, magistrato famosissimo e frequentatore di poltici di area socialista, come Sacconi e Brunetta, ai quali potrebbe avere decantato le lodi del giovanissimo rampollo per consulenze onerose, prima che finisse a fare il sottosgeretario. Ah, a proposito: fu lui a dire che chi si laurea tardi è uno sfigato.