Lavoro: l’amara medicina di Monti affossa lo sviluppo

31 Gen 2013 18:00 - di Giovanni Centrella

Quando si è a corto di idee sulla crescita e sullo sviluppo, perché non pensare a una nuova, ennesima, riforma del lavoro? Non contento di quella varata ormai quasi 12 mesi fa, il candidato alla presidenza del Consiglio Mario Monti  si è detto in procinto di presentarne un’altra elaborata da uno staff qualificato di economisti e giuslavoristi. I quali sembrerebbero intenzionati a propinare agli “aspiranti lavoratori” un’altra iniezione di flessibilità. Davvero in Italia esiste ancora qualcuno convinto che il lavoro non sia sufficientemente flessibile? I professori, gli economisti, i giuslavoristi facciano un gesto di umiltà e parlino con ragazzi under 35 o adulti over 50 in cerca di occupazione al fine di ottenere una diretta testimonianza e farsi un’idea definitiva su quanto sia un’impresa epica trovare lavoro e quanto sia estremamente più facile perderlo. Se non si riesce a  credere alle opinioni di un sindacalista, magari “viziate” dal mestiere, allora si osservino i numeri: il miliardo di ore di cassa integrazione del 2012 ha tamponato quella che avrebbe potuto essere una vera e propria ecatombe di posti di lavoro. Non serve essere sindacalisti per capire che è solo grazie al vecchio sistema di ammortizzatori sociali, esteso dal ministro Sacconi a tanti che non ne avevano diritto, se a novembre 2012 potevamo contare “solo”  2 milioni 870mila disoccupati. Infatti secondo i dati di Confindustria la cig a dicembre è diminuita non per l’aumento dei posti di lavoro ma per la perdita del lavoro da parte dei cassaintegrati. Ecco perché mi rivolgo ai convinti riformisti – beati loro – e li invito a non nascondersi dietro ad astratte formule economiche e giuridiche ma a fare i conti con la realtà. La quale sta urlando da tempo che le attività economiche e con esse il lavoro stanno abbandonando l’Italia e non ritorneranno rendendo più facili assunzioni e licenziamenti. Sarebbe invece più utile iniziare a  costruire un’autostrada per il lavoro, una grande infrastruttura “intergrata” e concepita per durare nel tempo. Proprio come quelle che mancano alla nostra Italia divisa in due, nella quale è spesso impossibile far circolare velocemente le persone, le merci e qualche volta persino le idee.

*Segretario Generale Ugl

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