Il governo più “old” della storia batte il record dei giovani senza lavoro

8 Gen 2013 11:30 - di Luca Maurelli

Sarà un caso ma il governo Monti, il più vecchio della storia della Repubblica italiana e dell’Europa a 27, con un’età media dei suoi ministri di 64 anni, ha prodotto anche il record assoluto di disoccupazione giovanile, che a novembre è salita al 37,1%. Un triste primato che l’Istat definisce “assoluto”. Ministri e premier dinosauri, già ben collocati da un anno a Palazzo Chigi e ora a caccia di nuova occupazione con la sfida alle urne, si ritrovano un paese reale in cui un “under 24″ su tre, schizzinoso o no, è senza un lavoro e con poche prospettive di trovarlo. Gli “sfigati” e i “choosy”, per usare le definizioni della premiata ditta “ammazza lavoro” Fornero-Martone, non avevano mai avuto tante difficoltà nel cercare un posto  da vent’anni a questa parte, dai tempi di Andreotti e Fanfani, per intenderci. “Il tasso di disoccupazione giovanile al 37,1 % rappresenta il record assoluto, ai massimi sia dalle serie mensili, ovvero da gennaio 2004, sia dalle trimestrali, cominciate nel quarto trimestre ’92”, dice l’Istat. Se tra i giovani uno su tre è senza lavoro, in assoluto a novembre il numero di disoccupati resta vicino ai 2,9 milioni, precisamente pari a 2 milioni 870 mila, in lieve calo (-2 mila) rispetto a ottobre (ma la diminuzione riguarda la sola componente femminile). Ma il bilancio del governo Monti, su base annua, fa segnare comunque una crescita della disoccupazione del 21,4%, ovvero di 507 mila unità. Un quadro nero che non fa vacillare le certezze dell’inossidabile Elsa Fornero, che come al solito ha sua originale spiegazione: la colpa è di chi c’era prima, sostiene il ministro. «Ci sono forze e tendenze di lungo periodo e noi paghiamo errori di lungo periodo». Ma i buoni propositi non mancano: «Nei due mesi che restano lavorerò ogni giorno per rilanciare il nuovo apprendistato». E anche sulla definizione dei giovani come schizzinosi, la Fornero si considera innocente: «E’ un episodio che rivela le difficoltà avute nella comunicazione. Io non ho detto che i giovani sono “choosy”. Un tempo usavo dire ai miei studenti di non esserlo, oggi invece i giovani non sono nella condizione di esserlo, perché hanno solo lavori precari. È quasi il contrario di quanto mi è stato attribuito». Equivoci, colpa dei giornalisti, forse giovani.

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