Legge elettorale, va in scena il bluff del Pd
La trattativa tra le forze politiche per dotare il Paese di una nuova legge elettorale rischia ancora una volta di saltare. La bozza del Pdl presentata da Gaetano Quagliariello, che prevede un “premietto” fisso di 50 seggi al partito che raccoglie tra il 25 e il 39 per cento dei voti, non è piaciuro al Pd e ha scatenato le ire della capogruppo al Senato. L’intesa rischia seriamente di arenarsi ma non per responsabilità del Pdl come sostiene invece Anna Finocchiaro («Cambiano le carte in tavola ogni momento») ma per l’«irrigidimento» che paventava l’altra sera Maurizio Gasparri: «Speriamo che non intervengano influenze conservatrici e rigidità della sinistra: noi abbiamo mostrato tutta la la nostra disponibilità – ha aggiunto- assoggettandoci alla richiesta del Pd di un “premietto”, che è, diciamo così, un’innovazione che non necessariamente garantisce governabilità».
In effetti è quello che sta accadendo, al punto che l’esame in Aula fissato per oggi è slittato. Sul testo si è concentrata ieri la commissione Affari costituzionali del Senato. Il punto nevralgico della proposta Quagliariello consisterebbe nell’attribuzione di un premio ‘fisso’ di 50 seggi a chi ottiene tra il 25 e il 39% dei voti. Nella proposta di Calderoli, invece, i seggi venivano attribuiti progressivamente e in modo graduale all’interno dello stesso arco di percentuale di voti ottenuti. Rimane confermata nella bozza la soglia del 40% per le coalizioni per accedere al premio di maggioranza. Il “premietto” fisso scatterebbe nel caso nessuna coalizione raggiungesse la soglia del 40% per il primo partito che ottenesse il 30% dei voti. I 50 seggi equivarrebbero circa all’8.2%.
Eppure la sinistra non si accontenta. La Finocchiaro ha risposto subito picche e tutto il Pd è pronto a salire sulle barricate: «La bozza Quagliariello non ci piace proprio, dobbiamo cambiarla. Ormai siamo in una condizione di sabbie mobili. Il Pdl cambia continuamente le carte in tavola».
Ma la responsabilità della rottura viene rispedita al mittente. Spiega Quagliariello: «Ci siamo spinti a tal punto che far saltare un accordo per 3-4 seggi in più o in meno sarebbe francamente il colmo». A chi chiede al vicepresidente del Pdl al Senato, se sia disposto a ritoccare in alto la soglia del “premietto” venendo incontro alle richieste del Pd che ha già bocciato la sua proposta, Quagliariello risponde: «Non credo». L’intesa è tutta in salita e per una questioni di pochi seggi.
«La presunzione di avere già vinto le elezioni e l’arroganza di volere ottenere, comunque vada, il maggior numero possibile di seggi, non ha limiti», stigmatizza il senatore del Pdl Vincenzo Nespoli. «Con il 33% dei voti vorrebbero governare il Paese ma questo è del tutto antidemocratico», prosegue il parlamentare, che respinge le accuse rivolte al Pdl di remare contro e sotto sotto volersi tenere il Porcellum. La disponibilità dimostrata dal Pdl non è contestabile, spiega. «Il problema è che il Pd non ha ancora formalizzato una sua controproposta. Sta lì, in attesa, non vuole prendersi responsabilità, con l’obiettivo di farci rimanere, come si suol dire, con il “cerino in mano” e dare al Pdl la “croce” di non aver fatto la riforma elettorale», sostiene Nespoli. Il Pd non ha il coraggio di mettere le carte in tavola e nella riunione dei senatori del Pdl che si è tenuta in tarda serata, Nespoli ha proposto ai colleghi di attendere gli emendamenti del Pd, inchiodando i democratici alle loro responsabilità. «Se gli emendamenti non saranno presentati, e la sinistra non uscirà allo scoperto sulle sue reali intenzioni, accadrà che si procederà con il testo base, quello per intenderci che fissava il premio di maggioranza al 42%».
Incalza Anna Maria Bernini. «È Bersani che cerca alibi per non cambiare la legge elettorale e continua ad inchiodare il tavolo della trattativa alle sue personali convenienze», spiega la parlamentare e portavoce vicario del Pdl. «Continueremo a respingere al mittente il tentativo, ridicolo e opaco, di scaricare sul Pdl la responsabilità politica di questa sua scelta tutta strumentale», dichiara in una nota. «Non è un clima normale», ravvisa anche il presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini, «mi auguro che prevalga il buon senso. Per il momento continuo a sperare che la situazione politica si sblocchi. In tarda serata si sono riuiniti i gruppi del Pdl e del Pd per fare il punto in due riunioni separate. L’approdo in aula previsto per oggi, è slittato, visto che già ieri il presidente del Senato, Renato Schifani, aveva stabilito di porre al centro dei lavori il decreto sviluppo. Sul provvedimento è attesa la fiducia da parte del governo e a quel punto una conferenza dei capigruppo dovrebbe rimodulare i tempi dei lavori d’aula.