Berlusconi rompe il tabù: «Basta spread…»

12 Dic 2012 0:03 - di Romana Fabiani

Lo spread schizza, la Borsa crolla: tutta colpa del Cavaliere del male. Il copione ammuffito che si ripropone puntuale all’annuncio del ritorno in pista di Berlusconi conferma che la campagna elettorale è cominciata con il sobrio Monti, sempre più tentato dalla candidatura per “il bene dell’Italia”. L’accerchiamento dei media internazionali (con picchi di cattivo gusto come il titolo di Libération, “Il ritorno della mummia”) e il tifo montiano dei partner europei fanno infuriare il Cavaliere, che ieri è tornato a ruggire contro lo sciacallaggio dei mercati, ospite della Telefonata di Belpietro. «Neanche per sogno», risponde alla domanda se il suo ritorno preoccupi l’Unione europea. «Fin quando a rappresentare Italia ero io, ero uno tra i due o tre capi di governo più autorevoli, l’unico che veniva dalla trincea del lavoro. Certo – ammette orgoglioso – mi opponevo alle richieste tedesche come quelle che hanno quasi portato la Grecia alla guerra civile». Putroppo, aggiunge, con il governo Monti la situazione economica è peggiorata. E snocciola le cifre del fallimento della politica “germanocentrica” del tecnoprofessore che fa infuriare Berlino. «I nostri ultimi mesi avevano un Pil positivo, con questo governo è sceso del 2%, tutti gli indicatori sono peggiori di quando c’eravamo noi».
Parole di fuoco per un avvio di campagna elettorale che si preannuncia senza esclusione di colpi. Che si voti il 17 o il 24 febbraio le danze sono aperte e Monti, vestiti i panni del competitor, non si sottrae al duello accusando il suo predecessore di alimentare populismo e false aspettative negli elettori. Ma è la frase sullo spread, l’affondo più duro di Berlusconi. «È solo un imbroglio, un’invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani e che governava il paese. Prima non ne avevamo mai sentito parlare, se ne parla solo da un anno, e cosa ce ne importa?». Quando salì lo spread – attacca l’ex premier – Berlino aveva «ordinato a tutte le banche di vendere i buoni del Tesoro italiani, con 8-9 miliardi di vendita. Gli altri fondi hanno pensato: “Se la Germania vende, qualcosa ci sarà…”. E hanno ritenuto di chiedere un premio per un rischio teorico, a noi del 6%. La Germania ha approfittato di tutto questo e ha abbassato i tassi all’1%, a noi cosa importa? A noi importa che i nostri tassi sono aumentati del 2%, che in un anno sono 5 miliardi in più». Poi elenca gli orgogliosi “no” alla politica di Angela Merkel improntata a lacrime, sangue e sudore: dalla Tobin tax al Fiscal Compact. Dopo aver giudicato risibile la reazione dei mercati all’anticipo di un mese dell’appuntamento con le urne (per colpa delle dimissioni non necessarie di Monti), annuncia di avere in serbo una nuova Forza Italia, con tanto di vecchio simbolo, e di voler mettere mano a una profonda rivoluzione. «Abbiamo deciso di presentare un movimento con una forte immissione di forze nuove», dice elencando i criteri della futura composizione delle liste. «Un 50% di candidati del mondo delle imprese e delle professioni, un 20% di amministratori locali rieletti e un 10% di nuove persone del mondo della cultura, dell’università e dell’arte. Ci sarà infine un 10% dai nostri parlamentari attuali». Criterio, quest’ultimo, che non è piaciuto a via dell’Umiltà che con una nota aggiusta il tiro. «Appare evidente – si legge – che non sarà soltanto il 10% dei parlamentari uscenti del Pdl a essere ricandidato. Tutti quei deputati e senatori che non hanno una provenienza solo politica, saranno ricompresi in quella quota del 50% dei provenienti dal mondo del lavoro suggerita dal presidente». Quanto a possibili spacchettamenti, che in queste ore tengono con il fiato sospeso vertici e osservatori, il Cavaliere non esclude, anzi sembra benedire, un’iniziativa autonoma degli ex An. «Se dessero luogo a una loro formazione politica avremmo dei vantaggi. Ne stiamo parlando amichevolmente e con grande stima». Insomma la macchina berlusconiana ha acceso i motori anche sul fronte delle alleanze, a cominciare dal rapporto tormentato con la Lega affrontato ieri sera con Maroni.
Al j’accuse di Berlusconi replica a stretto giro di posta Monti dai microfoni di Unomattina. A parte le battute sul suo imminente futuro (Non capisco perché vi interessa il domani di una persona ormai anziana…), non resiste alla tentazione di autoincensarsi per il lavoro svolto alla guida di Palazzo Chigi. «Tredici mesi fa l’Italia si è trovata in condizioni finanziarie difficili. Me ne ricordo bene, perché hanno chiesto a me di occuparmene. Sono stati fatti progressi, ma c’è un costo: non c’è stata crescita. Sarei felice – aggiunge provocatorio – di apprendere come sarebbe stato possibile salvare l’Italia e farla crescere a ritmo veloce. Una simile ricetta sarebbe stata utile qualche anno fa, quando non c’era la crisi». Senza mai citare apertamente Berlusconi attacca la tendenza «a presentare soluzioni magiche per seguire gli istinti un po’ viscerali dei cittadini anzichè proporre un programma per il loro futuro»: Poi passa alla Lega: «Il populismo c’è in quasi tutti i paesi d’Europa, e in Italia c’è stato in manifestazioni di spirito secessionistico». Anche sulla bufera finanziaria dice di non credere a «complotti» occulti di investitori sui mercati, anche se spesso ci sono soggetti che agiscono «senza scrupoli». Dura anche la replica alle parole di Berlusconi sullo spread, «è un falso mito che sia frutto di operazioni della Banca centrale europea. Abbiamo visto che in 13 mesi è sceso enormemente. Non trattino i cittadini da sprovveduti». Poi aggiunge di essere preoccupato dell’attuale andamento, ma di considerarlo un fenomeno «che va preso con una certa calma e freddezza, spero che i mercati constateranno che l’Italia non è priva di governo». Quanto alle critiche sull’ingerenza dei vertici europei difende senza se e senza ma «il governo d’Europa», che non è perfetto, ma sta facendo passi in avanti. «I singoli governi sarebbero molto più sbandati se non esistessero nel quadro che loro stessi si sono dati a livello europeo». Se non ci fosse l’Europa le guerre finanziarie sconvolgerebbero i singoli “mercatini” nazionali e «i singoli Paesi europei sarebbero spesso soccombenti di fronte ad altre potenze economiche». Caustico Giulio Tremonti per cui «la sola ipotesi che lo spread sia “ad personam” e che salga e scenda a seconda gli annunci dei singoli è la prova che il risanamento non è stato strutturale e che l’anno è stato perso o peggio».

Commenti