Studenti in piazza contro i tagli del governo
In piazza contro il governo Monti che con i tagli indiscriminati sta mettendo in ginocchio la scuola. Le proteste si estendono a macchia d’olio. In molti contestano anche i prof che, per dire “no” all’aumento di sei ore di lezione non retribuite (peraltro il provvedimento è stato già bocciato dalla commissione Cultura della Camera e ora è all’esame della commissione Bilancio), attuano una forma di sciopero bianco definita “didattica essenziale”: vanno in classe, ma non procedono col programma, non fanno verifiche, impiegano le ore a spiegare agli alunni le loro ragioni e fanno assemblee. E gli scrutinii rischiano di saltare. Il mondo studentesco è variegato: molti appoggiano le richieste degli insegnanti, altri si dissociano. Ieri circa tremila studenti di Roma nord hanno animato una manifestazione che ha attraversato la Cassia e corso Francia per poi terminare a ponte Milvio dove si è svolta un’assemblea. Oggi è prevista un’altra manifestazione tra le strade dell’Eur, mentre domani il Coordinamento scuole di Roma ha convocato un corteo a piazza della Repubblica. Da una manifestazione all’altra è stato occupato l’istituto tecnico industriale “Herzt”. E c’è stato anche un flash mob organizzato da insegnanti e alunni del liceo Cavour: i manifestanti, per circa dieci minuti, si sono seduti sulle strisce pedonali in via dei Fori Imperiali ed hanno improvvisato una mini assemblea, bloccando temporaneamente la circolazione.
«Oggi (ieri, ndr) c’erano i rappresentanti e gli studenti di molte scuole di Roma nord – spiega Fabio Di Martino – come Bachelet, Gassman, Fermi, De Sanctis, Azzarita, Farnesina, Bernini e Lucrezio. Anche il Blocco Studentesco ha partecipato alla protesta. Questa giornata, come quelle che l’hanno preceduta e quelle che verranno – conclude Di Martino – rientra nelle mobilitazioni studentesche contro il governo Monti».
Da Milano a Napoli gli studenti di centrodestra sotto la sigla del Movimento Studentesco Nazionale si mobilitano e occupano gli istituti. «Invece di preoccuparci delle ore degli insegnanti – spiega Gianfranco Manco, presidente nazionale del Msn – dovremmo occuparci della qualità delle ore. Ce lo chiede l’Europa, l’Italia è uno dei pochi Paesi che non ha una selezione meritocratica e qualitativa della classe docente. Il grande buco della scuola italiana è dato dall’incapacità della classe docente di spiegare agli studenti il mondo in cui vivono e si limita al piccolo nozionismo. Noi vorremmo una scuola che ci insegna a pensare globale e agire locale». Gianfranco Manco spiega anche le motivazioni che inizialmente avevano spinto il movimento ad essere critico nei confronti di quello che era stato bollato “ddl Aprea”. «Volevamo arginare – dice – l’intromissione da parte di soggetti economici privati nella gestione della scuola sia quella organizzativa che quella didattica perché il nostro obiettivo è quello di fare comunità con tutti i soggetti territoriali. E con grande piacere questa esigenza è stata recuperata nella nuova bozza della Camera che è stata approvata lo scorso 10 ottobre. Avevamo chiesto anche la pariteticità degli organi collegiali nei Consigli d’Istituto. Il problema di questo ddl è che accentua l’autonomia della scuola, che rappresenta forse uno dei problemi cronici di cui soffre la nostra istruzione. Infatti, così verrebbe a mancare una linea d’indirizzo nazionale. Nessuno – puntualizza – disconosce il ruolo degli insegnanti, ma molti si delegittimano da soli».
Edoardo Melmeluzzi e Danilo Bencardino, del Movimento Studentesco Nazionale Roma appoggiamo la protesta dell’Hertz: «L’occupazione ricorda ai tanti, che ci vogliono passivi e sempre accondiscendenti, che la pazienza degli studenti ha un limite. Il nostro movimento nelle scorse settimane, tra volantinaggi e flash mob, ha ribadito il concetto: “Ci vogliono senza sogni e aspirazioni, ma noi siamo ribelli armati di speranza”, messaggio diretto ai tecnici che stanno aumentando le tasse delle nostre famiglie, senza prevedere alcuna via di sviluppo per la nostra nazione. E la scuola? Non si possono più accettare tagli sul nostro futuro, soprattutto mentre aumentano i costi per l’accesso alla scuola e all’università». Conclude Manco: «La nostra non è una generazione perduta come il presidente Monti ama ripetere, ma una generazione in perdita perché paga colpe e responsabilità dei suoi predecessori».