Pd all’attacco: “Renzi copione”

8 Ott 2012 20:06 - di

Ci mancavano solo le accuse di scopiazzatura a rendere ancora più incandescenti le primarie del Pd. A lanciare il sasso stavolta è stato il responsabile economico del Pd Stefano Fassina che su Facebook accusa Renzi di avere copiato il suo programma dalle proposte approvate dall’assemblea nazionale del Pd. «A Matteo Renzi – accusa Fassina – dobbiamo cominciare a chiedere i diritti d’autore». Con un post sulla sua bacheca Facebook il responsabile economia del Pd va all’attacco del sindaco di Firenze: «Anche oggi, a proposito di occupazione femminile e asili nido, fa taglia-incolla delle proposte approvate dall’Assemblea Nazionale del Pd – dice Fassina senza giri di parole – e, da ultimo, riprese nel Documento della Confernza Nazionale per il Lavoro di Napoli. È vero che lui non può saperlo perché non partecipa – incalza il responsabile economico dei dem, toccando un altro tasto dolente – ma almeno qualcuno dei suoi potrebbe dare una letta ai documenti programmatici del partito a cui è iscritto e riconoscerci la paternità, meglio, maternità delle ‘sue’ proposte».
Accuse che si uniscono alle critiche arrivate a Renzi per non avere partecipato all’assemblea nazionale del Pd dello scorso sabato, ribadite ieri da Marina Sereni: «Da parte di Renzi c’è stata mancanza di attenzione – osserva la vicepresidente del Pd alla Camera – molti delegati avrebbero gradito la presenza di Renzi a Roma. Renzi dovrebbe dire come vuole cambiare il Paese, non solo come vuole cambiare il Pd». L’assenza di Renzi e poi quella sua affermazione – “Mi fido di Bersani” – è stata l’utima goccia: nel Pd sono in tanti ormai a pensare che Renzi e il partito marcino ormai su binari destinati a non più incontrarsi.
Come se non bastasse ieri Franco Marini, intervistato dal “Corriere”, ha lanciato l’allarme su un possibile inquinamento delle primarie che potrebbe scattare al secondo turno: secondo Marini all’assemblea di sabato scorso «non è stato chiarito in modo definitivo un punto fondamentale: al ballottaggio possono votare solo coloro che hanno partecipato al primo turno delle primarie». Se Bersani e Renzi, spiega Marini, dovessero concludere il primo turno delle primarie vicini nei consensi, «una destra allo sbando sarà tentata di intromettersi nelle nostre vicende, per far perdere Bersani. Lo choc sarebbe fortissimo». E spiega perché: «Bersani ci ha guidati in momenti drammatici, ha sostenuto il governo Monti facendo scelte anche dolorose. Se venisse sconfessato da un voto popolare le ripercussioni sarebbero molto gravi».
Nel caos di accuse e recriminazioni si inserisce anche Beppe Fioroni, fautore di un Monti-bis e peoccupato di una prospettiva di isolamento del Pd che si alienerebbe le simpatie del centro.  «Temo – dice Fioroni – che il giudizio di Bersani, Renzi e Vendola sull’eventualità di un Monti-bis sia sostanzialmente lo stesso. E questo per me e per quanti non si riconoscono nella foto di Vasto (o che vada anche oltre) sarebbe inaccettabile». Il centro «cui penso io – aggiunge – è anche quell’area che ha perso fiducia nel berlusconismo e non lo voterà più. Con un direttore d’orchestra che si chiama Mario Monti. Penso a un secondo centrosinistra dopo quello di Moro».
Ma c’è anche chi, come l’ex Dc Pierluigi Castagnetti, sottolinea come «in vista della nuova fase dobbiamo avere il coraggio di passare la mano». Per Castagnetti, intervistato da “la Stampa”, alle primarie «ci saranno due vincitori. Vince Bersani perché prevarrà sul piano numerico, ma vincerà anche Renzi perché costringerà il Pd ad accettare la sfida di un rinnovamento molto forte».
Fabrizio Cicchitto, da osservatore esterno, tira le somme: «Può darsi che l’on. Bersani abbia realizzato un autentico capolavoro procedurale, non altrettanto si può dire, però, dal punto di vista politico. Infatti malgrado che il Pd, sia sicuro  di avere in tasca la vittoria numerica, il centrosinistra è a pezzi sul piano politico».
«A parte il fatto che sul modo di celebrare le primarie al secondo turno permangono delle differenze che possono portare a conseguenze dirompenti – conclude Cicchitto – le differenze politiche e programmatiche fra Bersani, Renzi e Vendola sono abissali: non esistono fra di loro neanche gli elementi minimi per poter fare un’esperienza di governo con contenuti programmatici comuni».
E sulla sfida in corso nel terreno del centrosinistra dice la sua anche Beppe Civati, dipingendo un Renzi con luci e ombre: «È un uomo molto talentuoso, che fa benissimo a correre, ma corre da solo. Non fa niente per nasconderlo, anche il suo format in giro per l’Italia è così. Non ama molto il confronto sulle questioni spinose. Ha nel coraggio e nel carisma le qualità migliori».
«Quello che ci divide, oltre la visita ad Arcore che è rimasta un po’ una questione irrisolta – aggiunge Civati – è che c’è secondo me un limite nella sua azione che è quello di non costruire una relazione politica vera con altri soggetti. È molto popolare, è molto vicino al sentire comune, ma non è riuscito a costruire in questi anni intorno a sé una squadra politica completa, forte, credibile». Quanto alla ‘rottamazione’ nel Pd, Civati sottolinea: «Il problema del ricambio si sta imponendo in modo molto violento e forte con la candidatura di Renzi. Il Pd l’ha sottovalutato troppo».

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