Anticorruzione: il Senato dà la fiducia
Via libera del Senato alla legge anti-corruzione, blindata dal governo che, per incassare il provvedimento senza altre scie di polemiche, ha posto un nuovo voto di fiducia, arrivando così a quota 40 in meno di un anno. Un 17 ottobre da ricordare, quello di ieri, che vede contemporaneamente nei due rami del Parlamento due voti blindati, uno a Palazzo Madama sul maxiemendamento contro la corruzione e l’altro a Montecitorio sulla sanità. In serata l’Aula di Palazzo Madama ha votato sì alla fiducia sul maxiemendamento di 84 commi (228 sì, 33 contrari – Lega, Idv e Carlo Giovanardi in dissenso dal Pdl – e 2 astenuti). Con 256 sì, 7 no e 4 astenuti il provvedimento viene licenziato e passa all’esame della Camera, in quarta lettura. Arriva quasi al termine un lungo iter legislativo accompagnato da polemiche e palleggiamenti di responsabilità tra i partiti. Da giugno il governo Monti aveva spinto per una legge che affrontasse un reato che “costa” allo Stato 60 miliardi di euro l’anno e che il governo Berlusconi, per la prima volta nel 2012 con l’allora ministro della Giustizia Alfano, aveva affrontato in maniera organica e innovativa. Con la Severino, sotto la pressione dell’Europa e dell’opinione pubblica, viene inasprita la parte di diritto penale inserendo un aumento generale delle pene e l’introduzione del reato di corruzione tra privati e di traffico di influenze illecite. «Io non ho mai usato in vita mia l’espressione metterci la faccia, ma lo faccio in questa occasione», dice il premier dopo la fiducia ricorrendo a un’espressione inconsueta per scandire l’importanza di una legge che produce «attrattività e crescita». Proprio Monti che qualche giorno fa aveva lamentato «un’inerzia comprensibile ma non scusabile da alcune parti politiche». Nel suo intervento in aula il ministro della Giustizia è andata giù pesante contro i detrattori della legge che hanno accusato l’esecutivo di firmare un pacchetto al ribasso, al limite della collusione con i corrotti. «Il governo è fatto di persone oneste e non possiamo permettere che si dica che non vuole la legge perché siamo amici dei corrotti», ha detto rivolgendosi ai grilli parlanti di turno, come li ha definiti. Il Guardasigilli ha affrontato le critiche relative alla mancanza di riferimenti al falso in bilancio, all’autoriciclaggio, ai tempi di prescrizione, al voto di scambio. «C’è una diversità strutturale, sono reati diversi dalla corruzione», ha sottolineato, rilevando inoltre che «la prescrizione è un istituto di carattere generale che deve riguardare tutti i reati». Con buona pace del Partito democratico che, per intestarsi la medaglia del principe della moralizzazione, ha accusato per mesi il Pdl di fare melina e non volere la legge. È lo stesso ministro a definire estranei alla corruzione quei reati che il Pd e l’Idv hanno voluto fino all’ultimo inserire nel disegno di legge. «I reati satellite non devono diventare la tomba del ddl anticorruzione», ha sottolineato Severino, aggiungendo, tra gli applausi, che questa «è una legge di cui l’Italia può essere orgogliosa», aldilà dello sport dei «grilli parlanti» che non sanno cosa vuol dire stare «qui, con la fatica che c’è dietro ogni provvedimento». Un intervento illuminante per Franco Mugnai, che pure non gradisce il ricorso troppo frequente al voto di fiducia («posto che le logiche emergenziali possono giustificarlo, comporta sempre una forzatura del dibattito parlamentare»). Avvocato e senatore del Pdl, invita a puntare i riflettori sulle dichiarazioni del Guardasigilli che ieri ha riconosciuto l’impegno del Parlamento e ha fatto un’onesta autocritica (anch’io – ha detto in sostanza – quando ero avvocato mi precipitavo a criticare qualsiasi provvedimento approvato dai politici, ma bisogna stare qui dentro per capire il lavoro sodo che si svolge). «Questo disegno di legge è l’esplicitazione e la coniugazione, anche se non sempre riuscita, dei contenuti del disegno di legge Alfano». Per la prima volta – ribadisce Mugnai, che ieri è intervenuto in Aula – la corruzione è affrontata con una logica innovativa e condivisibile intervenendo sulla prevenzione per tagliarne le premesse.
E la Severino nella sua autocritica “personale” ha di fatto riconosciuto ai suoi predecessori il merito di essersi occupati per primi del fenomeno del malcostume e della corruzione. «In questo dibattito, dove si è cercato ripetutamente di sostenere che alcuni erano i fermi, integerrimi repressori della corruzione ed altri, viceversa, erano quasi “amici dei corruttori”, ci si è dimenticati che proprio la parte più enfatizzata, quella del sistema repressivo e sanzionatorio, in realtà, di per sé, non produce mai un effetto completo per quanto attiene alla prevenzione e in parte alla repressione delle condotte», spiega Mugnai. Soddisfatto dell’esito? L’esponente pidiellino risponde citando il ministro della Giustizia, «ha detto che “nessuno potrà parlare di inciucio perché le grandi novità non solo sono rimaste ma sono state migliorate grazie al contributo delle Camere”». Le perplessità e le critiche del Pdl in merito ad alcune nuove ipotesi come la corruzione tra privati e le influenze illecite sono state migliorate con l’accoglimento di tutte le osservazioni fatte dal partito di Alfano. «Quelle perplessità – dice Mugnai in Aula – erano così legittime che il governo stesso le ha recepite modificando opportunamente quelle due norme completamente innovative, soprattutto la prima che necessiterebbe di una definitiva normativa in materia di lobbismo»,
Ciò che ancora fa storcere il naso a via dell’Umiltà restano alcuni aumenti del minimo della pena, «aumenti eccessivi» visto che già il testo Alfano prevedeva aggravanti speciali per alcuni ipotesi di reato, «per i fatti più gravi di sperpero del denaro pubblico e di cattiva condotta e illegalità all’interno della pubblica amministrazione» che calzano a pennello per gli scandali delle ultime settimane. Mugnai ricorda l’emendamento a prima firma di Gasparri per introdurre una norma specifica sul caso Lazio, che il governo ha apprezzato ma che ha ritenuto tecnicamente non ricevibile. La principale soddisfazione del Pdl, che non ne ha rallentato l’iter come la stampa nelle ultime settimane si è prodigata a testimoniare, sta nel vedere che il disegno di legge «coniuga le linee guida del provvedimento targato Alfano anche se alcuni passaggi sulla prevenzione risultato macchinosi». Il rallentamento del percorso legislativo è statp dovuto all’estensione di altre fattispecie, come il falso in bilancio, che per quanto importanti ed urgenti devono essere disciplinate altrove.