Andremo oltre il Pdl… Ma che non sia solo un listone
Alemanno propone di non presentare la lista del Pdl alle prossime comunali di Roma e regionali del Lazio. Con le note vicende recenti, la sigla Pdl evoca una cattiva immagine. Sostiene, in realtà da molto tempo prima della vicenda Fiorito, che bisogna lanciare nuove aggregazioni con liste civiche e persone che non vengono dalla politica, un mondo dal quale oggi la gente si sente lontanissima. Berlusconi è arrivato da tempo alle stesse conclusioni e ha ormai deciso e comunicato che anche per lui il Pdl è diventato una sorta di bad company a cui lasciare tutti gli asset negativi e ripartire da capo con una proposta di centrodestra il più allargato possibile che intercetti il voto di tutti quelli abbastanza savi da vedere come una iattura l’ipotesi di un governo Bersani-Vendola e cespugli sparsi. O addirittura con Grillo. A dicembre, pare, il Pdl sarà archiviato, con la sua storia fatta di gente che ha usato il partito come fosse proprietà privata, di altri che intervengono su tutto senza averne titolo e di altri ancora che pur avendo titolo non si fanno sentire. Un partito in cui nessuno pagava per i suoi errori, apparentemente senza regole e partecipazione, ma che comunque aveva la responsabilità di rappresentare milioni di persone. Quindi potremmo anche non versare una lacrima. Ma ci coglie comunque una preoccupazione. Se il problema del Pdl è che ognuno fa come gli pare, che cosa dovrebbe accadere all’indomani delle elezioni affrontate con questi listoni civici più o meno variegati? Chi dovrebbe assicurare la tenuta, il coordinamento o anche solo un minimo di organizzazioni delle centinaia di eletti nelle assemble parlamentari o locali? Il Pdl ha fallito perché è nato come cartello elettorale, ha prodotto un governo autoreferenziale e non è mai diventato una vera organizzazione. E se la prossima “cosa” non sarà un partito, si ripeteranno esattamente le stesse condizioni che hanno azzoppato il Pdl. E non si può fare un predellino ogni anno.