Nozze e adozioni gay: la Francia dice sì

11 Set 2012 20:30 - di

La notizia era circolata durante la campagna elettorale per le presidenziali francesi: Francois Hollande si era detto favorevole ai matrimoni e alle adozioni gay. E già ad agosto il primo ministro d’Oltralpe, Jean-Marc Ayrault, aveva annunciato che, a partire dal primo semestre del 2013, la proposta sarebbe stata realizzata. Ora si va oltre. Il ministro della Giustizia, Christiane Taubira, in un’intervista al quotidiano cattolico La Croix ha annunciato che il progetto di legge, che introdurrà il matrimonio per le coppie omosessuali in Francia, consentirà anche a queste ultime di adottare «alle stesse condizioni degli eterosessuali». La stessa guardasigilli ha precisato che la legge non prevede di allargare ai gay l’accesso alla procreazione medicalmente assistita. «Il progetto di legge – ha spiegato – estenderà alle persone dello stesso sesso le disposizioni attuali sul matrimonio, sulla filiazione e sulla genitorialità. Apriremo quindi – ha continuato – l’adozione alle coppie omosessuali e questo avverrà in un quadro identico a quello attualmente in vigore. Potranno, come le altre, adottare individualmente o congiuntamente».
Prime, dure, reazioni arrivano dalla destra e dal mondo cattolico. Christine Boutin, parlamentare del Partito Cristiano-Democratico, ha chiesto un referendum sulle nozze gay, affermando che ogni francese deve potersi esprimere su questo «tema pesante per le sue conseguenze nella società». «Sono assolutamente contraria a questo testo – ha detto – che è molto grave, fortemente dannoso per l’organizzazione della società e tale da mettere in evidenza la Francia nel mondo intero. Il governo si dice favorevole alla partecipazione dei cittadini, quindi deve attuare questo principio con un referendum», ha aggiunto, lamentando che sulla legge riguardante le nozze gay il governo Hollande «non ha fatto alcun dibattito, e questo non è possibile».
Un’iniziativa che crea dibattito e polemiche anche in Italia. «Il movimento gay – spiega Beatrice Lorenzin, viceresponsabile del dipartimento Pari opportunità del Pdl – si caratterizza alle origini come un movimento di liberazione sessuale di stampo libertario, ben inquadrabile nel brodo culturale dei movimenti americani della metà degli anni Sessanta. Dal movimento per la libertà sessuale si passò poi a una rivendicazione dei diritti civili in chiave antidiscriminatoria. Negli ultimi due decenni è partita dagli Stati Uniti una campagna che ha fatto un salto culturale, passando dalle lotte antidiscriminatorie del singolo al tentativo di promuovere l’equiparazione dello status di famiglia alle coppie omosessuali». La Lorenzin rivendica la condivisione di «tutte le azioni mirate al riconoscimento dei diritti civili e ogni soluzione delle problematiche che riguardano la vita delle coppie omosessuali all’interno della sfera civilistica. Quindi – sottolinea – siamo favorevoli a trovare soluzioni come, ad esempio, in tema di successioni, assistenza sanitaria, tutela della coabitazione e tutta la parte assicurativa». Ma il deputato del Pdl osserva che «il dibattito in Italia, e non solo quello parlamentare, abbia preso in questi anni come pretesto il riconoscimento dei diritti civili per poi tentare forzature sull’equiparazione delle coppie di fatto omosessuali a quelle sposate. Infatti, le battaglie condivise trasversalmente contro le discriminazioni sessuali o gli attacchi omofobi non sono sembrate l’obiettivo principale da parte di chi ha cercato sempre di introdurre la questione del matrimonio gay come coincidente col tema dei diritti civili. Quindi – prosegue – si è creato uno strano movimento d’opinione che ha finito per far coincidere il diritto degli omosessuali al matrimonio con il diritto di una persona a non essere discriminato per il proprio orientamento sessuale, mischiando la dimensione privata con la dimensione pubblica fino al punto di snaturare e travolgere l’istituto stesso del matrimonio e il concetto di famiglia. Operazione questa che va ben al di là della rivendicazione dei diritti degli omosessuali e affonda le proprie radici in parte del pensiero del Novecento che voleva la distruzione della famiglia per la costruzione di un nuovo ordine sociale che si incardinasse su modelli culturali e antropologici alternativi». Secondo la Lorenzin, quindi, la proposta francese finisce per sposare totalmente l’equiparazione della famiglia  tradizionale con quella tra omosessuali. «Il caso francese – sottolinea – scopre il coperchio: cioè il riconoscimento del matrimonio come istituto giuridico rappresenta un passo importante per rivendicare il diritto alla genitorialità e, quindi, all’adozione». Un’ipotesi che la Lorenzin boccia. Dal punto di vista formale, per quanto riguarda il matrimonio in sé – spiega la parlamentare del Pdl – «lo Stato italiano riconosce una valenza alla famiglia naturale composta da un uomo e da una donna che generano figli, non perché riconosce e tutela un diritto alla felicità o all’affettività che non è  previsto dalla Costituzione, ma in quanto tutela e preserva la famiglia nella sua funzione sociale procreativa e di cura.  Il passaggio al matrimonio per le coppie omosessuali – dice ancora – a cui nessuno nega di vivere la propria affettività in modo pieno ed esclusivo, è una forzatura anche sul piano sociologico per rivendicare il diritto all’adozione. Sotto quest’aspetto nessuno può negare, nonostante tante tesi creative, che per un bambino la cosa più naturale sia avere un padre e una madre e non due papà e due mamme. A chi dice che è meglio avere due papà o due mamme piuttosto che non averne nessuno rispondo che ci sono liste di attesa di anni  per coppie che cercano di adottare  bambini e purtroppo non ci riescono. Quindi  affronterei il “problema” quando si porrà».
In sostanza, per la Lorenzin, «si tratta di una battaglia ideologica che pone al centro la pretesa di un diritto alla felicità per gli aspiranti genitori rispetto al diritto ad avere una famiglia “normale” dei futuri figli. È una scelta relativista della sinistra che ha abbandonato da decenni la lotta di classe per concentrarsi su una rivendicazione dei diritti tout court che ha finito per demolire la cultura della responsabilità e della vita. Hollande – conclude – nella difficoltà di dare risposte concrete ai bisogni dei francesi pensa di recuperare consenso sul terreno dei “diritti”. Ma non basta. Ricordo che la stessa strada è stata percorsa da Zapatero in Spagna e, visto quello che è successo dopo, consiglierei alla sinistra italiana di non seguire questa deriva».

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