Mantica: «Marò, i nodi politici vanno sciolti subito»

10 Set 2012 20:24 - di

Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola è intervenuto sulla irrisolta questione dei nostri due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sotto processo in India per la morte di due pescatori. «Stavano facendo il proprio dovere e mi auguro che la loro e la nostra odissea giudiziaria sia prossima all’epilogo», ha detto il ministro in Sardegna durante la cerimonia di commemorazione dell’affondamento della corazzata “Roma” a bordo della fregata “Carlo Bergamini”. E ha continuato: «L’India è la più grande democrazia del mondo, un Paese creato e voluto da un uomo di diritto e giustizia, un gigante del XX secolo come Gandhi. Sono fiducioso che le regole del diritto internazionale verranno rispettate dal sistema giudiziario di quel grande Paese».
Probabilmente il ministro voleva intendere che l’India, tra le nazioni più grandi e popolose, è la più democratica (la Cina, infatti, l’unica nazione che supera l’India per numero di abitanti, non lo è), altrimenti Paesi come Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Francia, Svizzera, Germania, Australia, Nuova Zelanda, la stessa Italia e altri, potrebbero sentirsi offesi da questa patente di primato mondiale della democrazia data all’India. Anche perché, come stiamo sperimentando sulla nostra pelle proprio sulla questione dei due marò, lì la certezza dei diritto viene seriamente messa in dubbio. Su questa vicenda, che sembra non debba avere mai fine, abbiamo interpellato il senatore Alfredo Mantica, per anni sottosegretario agli Esteri.

Senatore, che ne pensa dell’intervento del ministro della Difesa?

Certamente l’India è un Paese molto democratico, ma non dobbiamo dimenticare che è uno Stato federale, e che gli Stati godono di ampissima autonomia.

Come il Kerala?

Precisamente, il quale poi per ironia della sorte è uno Stato cattolico, in un Paese dove i musulmani sono centinaia di milioni. Gli Stati godono di autonomia su base religiosa ed etnica, il che rende estremamente complessa anche l’amministrazione della giustizia. Del resto lo stiamo vedendo dagli atti e dalle procedure giudiziarie che sono terribilmente lente e complicate. Questo è dimostrato non solo nel caso dei due marò ma anche da altri episodi.

Quali?

Ad esempio, vado a memoria, c’è il caso di quella coppia di turisti italiani che insieme a un loro amico si trovavano in India. Questo amico morì in circostanze poco chiare e i nostri due connazionali da oltre due anni sono trattenuti nelle carceri indiane. Vi è poi anche qualche altro italiano in prigione per reari connessi alla droga.

L’altro giorno la medaglia d’oro al valor militare Gianfranco Paglia, deputato, ha incalzato il ministro degli Esteri Terzi affinché il governo agisca con più determinazione. Lei è d’accordo?

Qui ci dobbiamo parlare molto chiaro: non siamo più di fronte a un problema giuridico o amministrativo, qui siamo di fronte a un problema politico. Ed è chiaro che un governo rigorosamente tecnico non ha la forza e non può essere in grado di effettuare una seria pressione politica. Perché il nodo è politico.

Crede ancora che sia stato messo in atto quello che lei tempo fa definì il «sistema indiano»?

Ma è sotto gli occhi di tutti: Corti che rinviano, traduzioni che non si fanno, udienze che saltano, conflitti di attribuzione… non è che il nostro sistema giudiziario sia perfetto, però dalla più grande democrazia del mondo ci attenderemmo velocità ed efficienza.

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