Dietrofront di Passera sull’Alcoa
La crisi dell’Alcoa esplode in tutto il suo potenziale: gli operai, partiti dalla Sardegna alla volta della capitale, per manifestare in concomitanza con un tavolo organizzato ieri al Ministero dello sviluppo economico tra governo, sindacati, enti locali e azienda sul futuro dello stabilimento dell’impianto di Portovesme, sono arrivati con gli elmetti in testa, decisi a dare una sferzata vigorosa all’inoperosità governativa sulla vicenda. Approdati in 550 per far sentire la loro voce, a fronte del silenzio istituzionale: la maggior parte di loro si era imbarcato domenica sera da Olbia – destinazione Civitavecchia – dove sono arrivati sette pullman; molti altri invece hanno raggiunto la capitale in aereo, da Cagliari. Con loro, anche 23 sindaci dei maggiori centri del Sulcis-Iglesiente, fra cui Carbonia.
L’incontro al Mise
All’incontro indetto ieri al Mise erano presenti, per il governo, il sottosegretario per lo Sviluppo Economico Claudio De Vincenti e il viceministro del Lavoro Michel Martone, mentre per i sindacati hanno partecipato i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil e i segretari nazionali di Fim, Fiom e Uilm. Oltre a loro, anche il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, alla guida di una delegazione di enti locali, e giunto al dicastero di via Veneto dopo un proficuo incontro con l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, incentrato sull’esame delle questioni energetiche della Regione, e concluso con l’impegno alla collaborazione e la disponibilità da parte dell’Enel a studiare i progetti che le istituzioni presenteranno. E a proposito di istituzioni, il grande assente per tutta la prima parte del tavolo del Mise di ieri è stato proprio il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che ha seguito attraverso il sottosegretario Claudio De Vincenti il confronto in corso al ministero, arrivando solo alla ripresa pomeridiana, dopo l’interruzione di oltre due ore, durante le quali Passera ha incontrato separatamente i rappresentanti della Regione e della Provincia. «Questo è uno dei casi più difficili che abbiamo al Mise, ma non impossibile», ha commentato a termine dell’incontro il ministro, confermando però l’impegno a «lavorare su tutto quello che può dare sviluppo al Sulcis».
Tensioni e scontri
Così, mentre al Mise si discuteva, in piazza la tensione deflagrava e degenerava: il responsabile per l’economia e il lavoro del Pd, Stefano Fassina, diventava il bersaglio mobile della rabbia dei manifestanti sardi, che lo hanno aggredito sotto al ministero dello Sviluppo Economico mentre rilasciava un’intervista sul caso Alcoa: «Bastardi ci avete deluso», «Ci avete venduti», «Andate a lavorare», sono state le frasi che, tra slogan antigevernativi e urla di protesta, i lavoratori gli hanno gridato contro, prima di avvicinarglisi minacciosamente, tanto da costringenere Fassina ad allontanarsi, scortato da alcuni agenti. Bombe carta, lanci di petardi e di lamine di alluminio, ripetuti tentativi di sfondare il cordone della Polizia, quattordici feriti tra le forze dell’ordine, diversi malori tra i manifestanti e un mezzo della Guardia di finanza danneggiato: questa, allora, la cronaca della mattinata di ieri, durante la quale l’azienda ha confermato la chiusura degli impianti Alcoa di Portovesme entro la fine dell’anno. Ma la tensione accumulata nelle ultime settimane di vertenze e presidi in Sardegna, è il sintomo di una crisi industriale che ha messo in ginocchio il gigante del Sulcis Iglesiente, agonizzante a causa del virus di una crisi strutturale ormai endemica che, dilagato a macchia di leopardo in una zona già gravemente depressa, dopo i minatori della Carbon Sulcis, ha contagiato gli operai dell’impianto di Portovesme. Operai che, con la disperazione portata in piazza a Roma ieri, hanno ribadito l’urgenza dell’unica terapia possibile: una strategia energetica nazionale in grado di abbassare i costi e rivitalizzare le strutture grazie alla nuova linfa che potrebbe provenire da investitori stranieri. Quegli stessi investitori stranieri che – come ha dimostrato la trattiva “con riserva" degli ultimi giorni tra la Glencore e l’Alcoa, incentrata sui chiarimenti chiesti al governo in merito alle "tariffe scontate" dei costi dell’energia – impongono precise garanzie prima di siglare qualunque accordo.
Il negoziato in corso
Il negoziato attualmente in corso sull’Alcoa, infatti, fa riferimento concretamente a due multinazionali svizzere, Glencore e Klesch – quest’ultima, con sede a Ginevra, è stata l’unica finora a stigmatizzare una formale manifestazione di interesse – ma indiscrezioni parlano anche del possibile interesse di altre due società, una cinese ed una indiana, che potrebbero, ma il condizionale è d’obbligo, scendere nell’agone del confronto. Fra i punti in discussione, neanche a dirlo, il costo dell’energia per produrre l’alluminio e il personale che dovrebbe ridursi. Ma è prorpio la salvaguardia dei posti di lavoro al centro delle rivendicazioni della vertenza, e con l’eventuale chiusura della fabbrica verrebbero meno circa 800 buste paga.
Le soluzioni possibili
Con queste premesse, mentre per le strade del centro di Roma i manifestanti procedevano al grido di «Fornero al cimitero», da Torino il ministro destinataria dello slogan, interpellata sulla desertificazione del territorio imprenditoriale sardo, ribadiva «lo sforzo del governo per cercare di tenere in piedi quei posti di lavoro, che devono essere, però, economicamente sostenibili». Certo non è stata acqua che ha potuto spegnere il fuoco delle polemiche, e nemmeno il fumo delle bombe carta e dei petardi…