Rotondi: «Finalmente Bersani sceglie il rosso. Bene»

28 Ago 2012 20:24 - di

Lo giudica un fatto «positivo», perché fa chiarezza, e non pensa affatto che Casini possa essere rimasto spiazzato, perché «la sua furbizia comincia esattamente dove finisce quella di tutti noi, Bersani compreso. Non a caso ha attraversato tre Repubbliche». Gianfranco Rotondi commenta così lo “strappo” del segretario Pd che, l’altra sera alla festa democratica di Reggio Emilia, dopo mesi di ammiccamenti centristi, ha spiegato che tra Vendola e Casini sceglie Vendola.

Rocco Buttiglione ha detto che l’Udc si aspettava questa scelta. Se l’aspettava anche lei?

Non era affatto scontata: è il ribaltone della tradizionale linea di Massimo D’Alema, che dal 1994 in poi ha perseguito costantemente la linea del celebre pranzo di Gallipoli, quando lanciò il centrosinistra o almeno l’abbozzò per la prima volta. D’Alema partiva dalla consapevolezza di una sinistra inibita dagli elettori a governare da sola e cercava il centro, la rappresentanza politica di quei ceti medi che, orfani della Dc, si erano rivolti a Berlusconi. Così tutta la politica della

Dunque, la presa di posizione di Bersani rappresenta qualcosa di più profondo del ripensamento su un’alleanza che sembrava ormai fatta?

È la fine del dalemismo, dell’idea per cui i centri dovevano portare la sinistra al governo. Idea, per altro, che è fallita: gli elettori di centro non ci hanno creduto e hanno scelto Berlusconi, quasi sempre hanno fiutato l’imbroglio. Tant’è che quando la sinistra ha vinto è stato sempre sulla base di un fallimento del centrodestra.

E i centristi dell’Udc ci stavano credendo?

In un certo senso ci sono cascati, D’Alema scioglieva inni all’Udc ogni giorno. Ma la vera sorpresa è che il Pd via D’Alema chiama Casini e via Bersani ridimensiona la portata dell’alleanza. Bersani colloca il Pd nel solco delle grandi forze europee della sinistra, che chiedono il governo senza il permesso del centro. Si è reso conto che era il momento di calare le carte. Parafrasando il mio maestro Fiorentino Sullo, lascia da parte il rosa e sceglie il rosso, il movimento operaio, di fatto rifà il Pci. Dopo i cattolici adulti, arrivano i democratici adulti, come non apprezzare? Fin qui è un processo assolutamente positivo.

Fin qui… e oltre qui?

E oltre qui non siamo nemmeno all’unione della gauche e nemmeno a Togliatti, che si vergognerebbe di questi nipotini che hanno sostituito la lotta di classe con la forca e che cercano il fascismo dalle loro parti, senza rendersi conto che la sinistra europea si mantiene a debita distanza anche solo dall’evocare il fascismo e il comunismo. Comunque, con tutti i limiti della situazione, io considero positivo che ci sia una sinistra che ha finalmente l’ambizione di essere autonoma, che non si deve nascondere, che applaude alla sentenza delle Corte Ue sulla procreazione. Del resto io sono stato l’ultimo segretario di un partito democristiano in Parlamento e ho scelto il Pdl non solo per l’affetto verso Berlusconi, ma anche per una considerazione politica: il centro è protagonista solo quando si oppone alla sinistra.

Un’alleanza Pdl-Udc che possibilità ha?

Dipende dalla legge elettorale. Io sono per il mantenimento di una legge bipolare e non mi fa nemmeno schifo quella che c’è, la preferisco a leggi che ci portino a elezioni senza sapere chi ha vinto e chi ha perso. Poi, avendo una cultura democristiana sono sempre favorevole a un’intesa tra maggioranza e opposizione: chiunque vinca, l’agenda Monti può funzionare. Ma non serve una grande coalizione, basta fare le cose che chiede l’Ue, poi se il governo fa quello che c’è in agenda l’opposizione può anche votare a favore. Però serve sapere con chiarezza chi governa e chi è all’opposizione. In questo ambito trovo normale anche riaprire su basi nuove il dialogo con l’Udc. Paradossalmente proprio una riforma proporzionale potrebbe consegnare l’Udc alla tentazione del piccolo cabotaggio, e non a caso è la riforma che cercano.

Ma lei che atteggiamento si aspetta ora dall’Udc?

Credo che ora proverà a ottenere una legge che rinvii i giochi a dopo e che proverà a inserirsi utilmente in un risultato alla greca, che però sarebbe una sciagura per il Paese.

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