Musumeci-sprint: decolla sul web la sua candidatura
Tra veti, colpi di scena e immancabili sceneggiate da opera dei pupi, in Sicilia si sta svolgendo una battaglia politica che, come ogni elezione che si rispetti nell’isola, non si limiterà a influenzare la politica fino allo Stretto. Nella confusione che ha caratterizzato il dopo-Lombardo, iniziano via via a sciogliersi i nodi e a svelarsi strategie che, anche qui come ogni elezione nell’isola, non nascono sempre “pro domo” ma alcune direttamente “dai e “per” i palazzi romani. Di certo non fa parte della seconda specie la candidatura di Nello Musumeci, storico esponente della destra siciliana, alla presidenza della Regione Sicilia. Una proposta lanciata fin dalla primavera scorsa da Adolfo Urso, siciliano, presidente di FareItalia con l’animo del riconciliatore, che ha puntato su di lui per lanciare la proposta di discontinuità alla Regione e la conseguente (e ambiziosa) ricomposizione del centrodestra. Ipotesi sostenuta a gran voce, ai tempi, anche da quel Gianfranco Miccichè che pochi giorni fa ha deciso (salvo ripensamenti) di strappare l’alleanza per lanciare la propria candidatura in accordo con il Partito dei siciliani (ex Mpa) di Raffaele Lombardo e Futuro e libertà.
Pezzi smarriti a parte, è bastato l’annuncio dell’investitura di Musumeci perché, fin da subito, sia emerso un entusiasmo così vasto che, a destra, non si riscontrava dalla stagione “magica” degli anni ’90. Quando, guarda caso, era proprio Musumeci a diventare presidente della Provincia di Catania con i soli voti del Movimento sociale italiano contro il candidato centrista. Sono migliaia, infatti, i contatti che sui social network stanno animando dal basso la campagna elettorale dell’ex sottosegretario del governo Berlusconi, a dimostrazione che le capacità di buona amministrazione e di trasparenza dimostrate sono rimaste “narrazione” in una terra falcidiata dall’approssimazione. Capacità, questa del candidato alla presidenza, riconosciuta poi da Angelino Alfano che ha sciolto così ogni dubbio sulla volontà del Pdl di sostenerlo in una campagna elettorale che vede il suo partito impegnato a recuperare quella centralità smarrita nell’ultima stagione. Questa necessità è confermata dall’appoggio convinto e tutto politico dei ragazzi della Giovane Italia e di altri movimenti identitari all’esponente de La Destra. Ma anche dalla trasversalità del consenso sulla persona di Musumeci, come testimoniano le attestazioni di stima che provengono da ampi settori dell’opinione pubblica siciliana. L’ex eurodeputato di An, dunque, ha tutte le caratteristiche politiche per tentare la grande scalata verso palazzo d’Orleans.
Certo, non sarà facile. Da un lato dovrà vedersela con l’opzione tutta “nazionale” di Pd e Udc che con Rosario Crocetta tentano il colpo grosso nell’isola. Candidatura, questa, che nasce sotto il segno delle polemiche intestine che hanno falcidiato il Pd siciliano (diviso tra i ribaltonisti che hanno sostenuto il governo di Raffaele Lombardo e i contrari) e che ha visto l’ex sindaco di Gela imporre se stesso senza consultare il proprio partito (non è un caso che nei sondaggi riservati il Pd sia dato all’8% in Sicilia). Nonostante fino a qualche ora prima litigasse con il coordinatore regionale dell’Udc D’Alia (con questo che accusava Crocetta di essere “uomo di Lombardo”), il candidato democratico – tra una gaffe e un colpo di teatro in chiave sessuale – presenta se stesso come l’icona di un’antimafia più empatica di quella della sinistra degli ultimi venti anni in Sicilia. Ma che, in scala e in realtà, rappresenta la scommessa pilota sulla quale Casini e Bersani intendono tastare le larghe intese in vista delle Politiche. A complicare il quadro, però, sempre a sinistra, arriva la proposta di Claudio Fava (sostenuto da Sel) che costituisce l’ennesimo stillicidio che la rive gauche produce a se stessa nell’isola, dato che – sempre secondo i sondaggi – il figlio del giornalista assassinato dalla mafia (e anch’esso esponente più “classico” dell’antimafia) sarebbe più gradito di Crocetta.
Dall’altro lato Musumeci si dovrà confrontare con la candidatura sicilianista di Gianfranco Miccichè con il suo Grande Sud, sostenuta da Raffaele Lombardo e dai finiani. Il primo, dal carattere nervoso, ieri ha cercato di giustificare la rottura con il candidato del centrodestra teorizzando “lo scippo” del Pdl e l’abbandono della battaglia autonomista. Il secondo, animale politico ferito, ma dotato di furbizia e di un consenso ancora ampio nonostante le inchieste e il flop amministrativo, con il cambio del nome sta cercando l’ennesima mutazione. Quanto a Fli, tra la paura di perdere gran parte degli attuali deputati regionali in direzione Musumeci e l’ansia personale di Fabio Granata di stringere l’accordo con il Pd, l’appoggio all’ex proconsole berlusconiano e al presidente inquisito ha diffuso il malcontento tra i militanti, che non comprendono quale sia il criterio della dirigenza nel rapportarsi con chi sia stato amministratore locale del Pdl o chi è coinvolto nei processi. Tanto che, come ha fatto ventilare lo stesso Musumeci togliendosi il primo sassolino dalla scarpa, un ruolo tutt’altro che marginale avrebbero avuto le telefonate partite direttamente dalla presidenza della Camera con le conseguenti pressioni verso Lombardo – tema della chiacchierata: la prospettiva per le elezioni del 2013 – per “frammentare” e indebolire il centrodestra.
Come dicevamo, impresa difficile ma non impossibile per Musumeci. Che, da parte sua, ha già risposto punto su punto agli avversari. A partire dal tema autonomista: «Dell’autonomismo – ha spiegato ieri in un’intervista – si possono dire mille cose: è una parola elastica. Finora l’autonomia è stata adoperata come alibi o come una protesi comoda piuttosto che come strumento di opportunità per poter colmare il divario rispetto alle regioni del Nord. È stata una foglia di fico per coprire una classe dirigente che, con le dovute eccezioni, ha saccheggiato quanto c’era da saccheggiare». Ecco che si ripresenta, come contraltare, un’altra lezione, quella della destra autonomista, che affonda le radici nell’esperienza missina di Dino Grammatico e di Benito Paolone all’Ars. La vera novità allora, rispetto ai tre avversari, è questa: una candidatura, quella di Musumeci, voluta e sostenuta dal territorio. Certo, esiste da parte di qualcuno il rammarico per la mancata ricomposizione del centrodestra: anche se l’equidistanza dal modello Lombardo così come dal modello Cuffaro è un tema tutto positivo per Musumeci. Ed è indubbio che, anche per questo, si presenta un’occasione unica di poter proporre – in tempi di antipolitica – un candidato “politico” che è già stato capace, nel 1994 e a seguire, di riempire un vuoto di rappresentanza. Sarà questo – al di là delle alchimie e delle vendette di Palazzo – il vero esperimento del laboratorio Sicilia?