Usano l’accetta per fare cassa e pagano sempre i soliti noti
Gli italiani come le schede del bancomat. I ministri tecnici infilano la scheda, digitano il codice ed escono gli euro. La paura è che questa scena si stia per ripetere anche con la spending review. Che ci sia un problema di spesa pubblica non è un mistero, visto che è la spesa pubblica a “inghiottire” più della metà del Pil impoverendo il Paese. Per anni si sono alternati i tentativi di tappare i buchi, di metterci una pezza, di aggiustare la catastrofe provocata da lunghe stagioni di malapolitica, quelle degli archi costituzionali e dei pentapartiti. Ora, travolti dalla crisi internazionale (che finalmente qualcuno ha capito che non è stata provocata da Berlusconi), i tagli alla spesa diventano una strada obbligata. Il problema è che i, ministri tecnici hanno modificato il percorso sostituendo le spese con altre spese (il gettito servirà per fare fronte all’aumento dell’Iva previsto per l’autunno, agli stanziamenti per i terremotati, agli esodati). In più il governo non ha fornito un quadro esaustivo. Con la conseguenza di scatenare l’ira funesta delle categorie e di chiunque sospetti di venire “colpito”. Perché la lotta agli sprechi si sta trasformando, ora dopo ora, in una manovra mascherata e si ha quasi la certezza che si finisca per mettere le mani nelle tasche dei cittadini. I tecnici pensano… “e io pago”.
Pubblico impiego e sanità
I dirigenti del pubblico impiego verranno ridotti di un 20 per cento. Ma dove, visto che ci sono uffici della Pubblica amministrazione con un dirigente che gestisce dieci impiegati e altri con lo stesso dirigente ne coordina 50? E che cosa significa ridurre gli statali del 10 per cento? Che si farà un taglio lineare di questa entità o che le scelte ricadranno sui posti dove il personale è in esubero? A domanda dei sindacati Monti ha risposto picche. E i posti letto degli ospedali? La riduzione prevista è di 18mila, ma anche qui il governo ha evitato di entrare nel merito. Chiuderanno gli ospedali con meno di 80 posti letto (ma c’è chi estende il limite a quota 120), il che significa 200 nosocomi in meno, tra quelli utilizzati bene, utilizzati male e non utilizzati per nulla. Dopo tante proteste contro i tagli lineari di Giulio Tremonti si torna nuovamente ai tagli lineari, a dimostrazione che quelli selettivi in Italia sono impossibili. La Sanità darà 5 miliardi complessivi, di cui uno nel 2012, e due nel 2013 e 2014: alla fine avremo 3,7 posti letto di media per ogni mille abitanti. E se qualcuno dovrà fare decine di chilometri prima di raggiunge un ospedale si arrangerà. Oggi, alle ore 17, si riunisce il Consiglio dei ministri che dovrebbe tradurre gli annunci in provvediementi concreti.
Logiche punitive
Non è un caso se i rappresentanti dei sindacati hanno lasciato il tavolo di Palazzo Chigi letteralmente imbestialiti. Si dirà che l’ira in questo caso era dovuta all’idea di ridurre del 10 per cento i compensi per i permessi sindacali, oltre che i fondi per i Caf e per i trasferimenti ai patronati. È possibile. Ma è evidente che c’è anche dell’altro ed è ormai chiaro che si procede a grandi passi verso lo sciopero generale. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, non ha dubbi: «La spending review deve tagliare gli sprechi e non i servizi». E soprattutto deve avere carattere strutturale «non servire per fare cassa». Quindi «niente logiche punitive e vessatorie» e nessuna riduzione «dei diritti e delle tutele dei cittadini». Il ministro Paola Severino, intanto, esclude che le carceri siano interessate ai tagli, ma conferma la riduzione delle sedi più piccole dei tribunali e l’accorpamento di quelle distaccate.
La Giustizia rottamata
In agitazione i magistrati, mentre gli avvocati parlano di «giustizia rottamata». Il Consiglio superiore della magistratura denuncia che sarebbero a rischio indagini giudiziarie in materie delicate come terrorismo, criminalità organizzata e droga. Verrebbero meno, infatti, i cosiddetti magistrati di collegamento «una figura nata su sollecitazione di Giovanni Falcone». Sull’altro fronte, quello degli avvocati, sono già oltre cento gli ordini forensi che sono scesi sul piede di guerra annunciando lo sciopero di oggi, con manifestazioni contro la chiusura di «mille uffici giudiziari».