Moody’s ci declassa perché voteremo…

13 Lug 2012 20:38 - di

Non li rassicurava il governo Berlusconi, non li ha sedati quello dei tecnici amici, non gli sta bene nemmeno quello che verrà tra un anno, qualunque esso sia. Ecco perché l’ennesimo declassamento dell’Italia da parte dell’agenzia di rating Moody’s, arrivato col favore delle tenebre, è stato accolto all’unanimità con frizzi e lazzi dal governo italiano, dalla maggioranza che lo sostiene, dalla Ue, dalla Germania e da tutto il mondo bancario e imprenditoriale. “Pesa il clima politico in vista delle elezioni del 2013”, è uno dei passaggi con cui viene motivato il ribasso del rating di due gradini, da A3 a Baa2, con outlook negativo. Come se il voto democratico di un Paese fosse in sè un elemento di disturbo dei mercati e di turbamento per la finanza pubblica. Un assurdo che fa il paio con le tante contraddizioni che emergono dalle continue “ingerenze” di agenzie controllate da società e finanzieri direttamente interessati alle conseguenze dei propri giudizi, arbitri che dovrebbero essere imparziali ma che finiscono per interagire con le dinamiche di gioco. Se a questo si aggiunge il timore che questa estate ci possa essere un ciclone speculativo sull’Italia, che in tanti considerano molto probabile, si ha il quadro chiaro di una situazione nella quale qualcuno, anzi tanti, continuano a giocare allo sfascio. Moody’s, ma anche qualche paese straniero, come fa notare lo stesso Monti.
Le strane motivazioni di Moody’s
Il downgrade “riflette la maggiore probabilità di un ulteriore aumento netto dei costi di finanziamento d’Italia o la perdita di accesso al mercato grazie alla fiducia del mercato sempre più fragile e il rischio di contagio proveniente da Grecia e Spagna”, scrive Moody’s. Che continua con argomenti ancor meno convincenti: «Il clima politico per le elezioni nella prossima primavera, è anche fonte di rischi di aumento».  Guardando avanti, in considerazione dell’outlook che resta negativo, l’agenzia di rating evidenzia che il giudizio sul rating «potrà essere abbassato ancora in caso di ulteriore deterioramento delle prospettive economiche o di difficoltà nell’implementazione delle riforme». Non solo. «Un nuovo peggioramento delle condizioni di rifinanziamento, in conseguenza di shock interni o finanziari derivanti dalla crisi dell’area Euro può portare una pressione al ribasso sulla valutazione di Moody’s». Al contrario, «il successo nell’implementazione delle riforme e delle misure di aggiustamento dei conti, che effettivamente possano rafforzare le prospettive di crescita, possono portare a un outlook stabile».
Il soccorso di Germania e Ue
Se Berlusconi avesse avuto la metà del sostegno che l’Europa garantisce a Monti in momenti di tempesta, forse oggi sarebbe ancora a Palazzo Chigi, ma questa è storia vecchia, ormai. Sta di fatto che ieri, poco dopo l’annuncio di Moody’s, in soccorso dell’Italia è arrivata la cavalleria tedesca: «Monti ha fatto riforme con coraggio e forza e ha il sostegno del governo tedesco», ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert a Berlino in conferenza stampa. Poi s’è mossa anche la corazzata europea: «La Commissione giudica la tempistica del declassamento dell’Italia da parte di Moody’s inappropriata e discutibile per la coincidenza con l’odierna importante asta di titoli di Stato», ha detto il portavoce di Olli Rehn.
L’asta e la difesa del governo
In effetti ieri sia l’asta dei Btp che la Borsa hanno dato ampia dimostrazione di non curarsi troppo del severo giudizio di Moody’s, visto che il collocamento dei titoli è stato superiore alle richieste e che Piazza Affari ha chiuso in rialzo. Come ha sottolineato lo stesso Monti, apparso particolarmente irritato dalla bocciatura. «Il downgrade di Moody’s è stata una disgrazia ma il mercato ci ha premiato e l’asta è andata bene», avrebbe detto il premier Mario Monti alla Conferenza Allen, secondo quanto riferito da Gianfranco Zoppas, patron dell’omonima società. «L’Italia è virtuosa ma invece di premiarci ci puniscono, e tutto questo è creato da disturbi da Paesi terzi», sarebbero state le parole del professore, per poi cedere a una frase autoreferenziale: «Il popolo italiano ha bisogno di essere governato e finora non ha incontrato il governo giusto». Dall’Italia sono scesi in campo diversi ministri, anche il (solitamente) cauto titolare degli Esteri, Terzi: «Stiamo parlando della stessa agenzia che nel settembre 2008 dava a Lehman Brothers altissimi rating poche ore prima del crollo da cui tutta la crisi mondiale è originata?», s’è chiesto retoricamente. «Il giudizio di Moody’s è ingiustificato e fuorviante», ha tagliato corto il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, intervenendo all’assemblea dell’Ance.
Un coro bipartisan, con distinguo…
I politici sono concordi nel tuonare contro questo tentativo di trasformare i titoli italiani spazzatura, senza che ce ne siano i presupposti. Il Pdl però, fa notare come il declassamento confermi «che non esistono governi con la bacchetta magica, anche se questi sono tecnici», come sottolinea Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato. E il segretario Alfano ribadisce:«Monti porta sulle sue spalle il peso delle bugie della sinistra e di un certo giornalismo che imputavano a Berlusconi l’innalzamento dello spread. Noi sappiamo che lo spread non è colpa di Monti come non lo era di Berlusconi». «I governi li eleggono i cittadini attraverso il voto, non le agenzie di rating», aggiunge Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera.
Il Pd, invece, come al solito si spacca. Il responsabile economico Stefano Fassina tifa per l’agenzia di rating e ne approfitta per sparare sul Cavaliere: «Dobbiamo ricordare che l’Italia soffre come tutti gli altri paesi della crisi, ma non sarebbe stata in prima linea sul fronte delle difficoltà e dei rischi se il governo Berlusconi-Bossi-Tremonti non avesse provocato un disastro con scelte politiche eluse o sbagliate». E dal suo partito arriva l’ironia di Francesco Boccia, coordinatore economico: «Domanda sul rating: secondo voi come mai i compagni Diliberto, Ferrero e Fassina sono stati gli unici a dar credito e a sostenere le tesi di Moody’s?».

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