La volontà supera gli ostacoli: ecco i nuovi piccoli-grandi eroi

13 Lug 2012 20:33 - di

Sono esempi dentro e fuori dei campi di gara. Le loro vite, le loro storie agonistiche arricchiscono un ideale medagliere umano, stigmatizzando la vittoria della determinazione sul limite fisico, del sacrificio sulla difficoltà. Negli ultimi anni gli italiani si sono appassionati alla sfida senza frontiere di Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano diversamente abile, che a suon di record ha finalmente raggiunto il traguardo per cui ha lottato caparbiamente nelle ultime stagioni: gareggiare, malgrado le due protesi in fibra di carbonio al posto delle gambe, alle Olimpiadi di Londra 2012, dove farà parte della staffetta 4×400 del Sudafrica, e dove correrà nei 400 metri individuali, qualificandosi intanto come primo atleta disabile a prendere parte ai Giochi Olimpici tra i normodotati. E non è tutto: trait d’union tra la Londra olimpica al via il 27 luglio e quella paraolimpica che seguirà a partire dal 29 agosto, Pistorius prenderà parte anche alle Paraolimpiadi, dove sarà chiamato a difendere il triplo oro (100-200 e 400 metri) conquistato a Pechino nel 2008.
Storie come quella di Pistorius rappresentano una sfida alle convenzioni e alla diversità. Sono storie di coraggio umano e di orgoglio, prima ancora che di talento e di amore per la disciplina sportiva in cui si eccelle. Storie come quella di Oscar De Pellegrin, campione di tiro a segno con la carabina e tiratore con l’arco, nominato portabandiera dell’Italia ai Giochi Paraolimpici londinesi. In carrozzina da quando a 21 anni ebbe un incidente con un trattore in campagna, lo sportivo ha al suo attivo medaglie e riconoscimenti, ma la sua gara più importante è quella contro l’handicap fisico che De Pellegrin combatte quotidianamente con la sua associazione dedicata agli sportivi invalidi.   
Sono storie di “non proprio ordinario” coraggio. Storie che arrivano come un pugno nello stomaco; storie come quella di Assunta Legnante, stella italiana del lancio del peso, non vedente dal novembre 2011, quando, l’atleta campana nata con un problema congenito ad entrambi gli occhi, ha perso ogni speranza di continuare a vedere. Ma, da sportiva ostinata, Assunta non ha gettato la spugna, e ha scelto di non arrendersi. Di più, di continuare a misurarsi, anche nel buio, con la disciplina che ama e che ha praticato sempre con successo: campionessa europea indoor di lancio del peso nel 2007, detentrice del record italiano, olimpionica azzurra a Pechino nel 2008, Assunta tornerà in pedana alle Paraolimpiadi di Londra 2012. Storie come quella della Legnante sono vicende che insegnano a non arrendersi a un destino infausto, a non abbandonarsi alla disperazione, anzi, ad imporsi con successo sulla negatività, anche dalla posizione disagiata in cui ci si ritrova a vivere dopo un incidente, o dopo che una malattia o un difetto congenito arrivano a stravolgere quella normalità vissuta fino al momento prima.
Storie come quella di Annalisa Minetti, non vedente, che nel suo personale curriculum artistico vanta la partecipazione come aspirante miss – finalista sulla passerella di Salsomaggiore nel ’97 – e, l’anno dopo, la vittoria sul palco dell’Ariston. Un podio di successi a cui si aggiunge oggi l’imminente partecipazione ai Giochi Paraolimpici di Londra, dopo aver ottenuto il record mondiale di mezzofondo come non vedente. L’ennesima sfida ad una condizione di disagio che verrebbe da subire come una condanna senza possibilità d’appello, ma che la forza caratteriale e l’orgoglio possono portare a vivere come un diverso modo di affrontare la quotidianità. Un atteggiamento mentale e una disposizione d’animo dimostrati nei fatti da Simona Atzori, la danzatrice e pittrice trentasettenne, nata senza braccia, eppure ambasciatrice nel mondo dell’idea di una disabilità da vivere come una motivazione e non come una sconfitta. Proprio come dimostrato, tra i tanti, dall’ultimo eroe quotidiano, Franco Antonello, padre coraggio di un ragazzo autistico, la cui sfida al mostro dell’incomunicabilità, portata avanti dal momento di quel verdetto medico senza scampo, è oggi raccolta in un libro-verità di Fulvio Ervas, “Se ti abbraccio non aver paura” (casa editrice Marcos Y Marcos).

Commenti