La destra ideale è fatta di popolo e progetti, non certo di parole e leader
Conservo gelosamente diverse copie de L’Italia Settimanale. Confesso di aver saccheggiato dai suoi editoriali molti contenuti per interventi, relazioni, articoli. Per l’elaborazione delle idee necessarie ad alimentare l’azione politica. Per riempire di anima l’azione politica. È da allora che diffido dei tecnici dell’economia quando travalicano il loro ruolo fondamentale di sostegno alle istituzioni, così come non mi ha mai convinto il privilegio accordato in questi anni all’estetica del messaggio rispetto alla sostanza. Penso come Shakespeare che «le parole senza pensiero non vadano mai in paradiso». Dunque, come venti anni fa, eccomi di nuovo a confronto con le tesi di Marcello Veneziani in un momento di particolare confusione del quadro politico. Chiamata in causa, insieme a una generazione intera. Con la tentazione di lasciarsi sopraffare dalle emozioni e smarrire il bandolo della matassa.
Dico subito che non credo nel ritorno al passato. Ad Alleanza nazionale o all’Msi, per intenderci. Ogni tentativo di riportare indietro le lancette mi suona patetico e senza senso. Come tutte le volte in cui abbiamo osservato in questa “seconda repubblica” i nomi di storie politiche epocali tipo Dc o Pci accoppiarsi a percentuali elettorali da prefisso telefonico, magari dopo furiose battaglie legali per l’aggiudicazione del simbolo. La storia è un flusso in avanti, la politica anche. Ha ragione Veneziani: una piattaforma politica vincente e attuale può conservare alcune nostre idee forti del passato come l’amor di patria, la difesa della vita, l’ordine e la legalità, ma deve contenere anche temi nuovi che non sono più residuali per il popolo italiano. Penso alle energie rinnovabili, alla lotta contro il consumo del territorio, alla riduzione del carico fiscale, al federalismo più prossimo possibile ai cittadini secondo il principio “vedo, pago, voto”. Penso al ciclo dei “rifiuti zero”. Ce ne parlava a noi ragazzini un po’ annoiati Paolo Colli quando Beppe Grillo faceva ancora Te lo do io il Brasile. Penso anche alla democrazia digitale sopravvenuta: un fenomeno di partecipazione popolare che non può lasciarci apatici o passivi. Ma soprattutto, se dovessi indicare i destinatari di un nuovo soggetto politico, non avrei dubbi: sono i non garantiti. Quella moltitudine, giovane ma non solo, sulle cui spalle è stato sovraccaricato un sistema del lavoro, finanziario e professionale, fatto di privilegi, anacronismi, corporativismi, vecchie rendite di posizione.
Non sto sfuggendo alla bella provocazione di Veneziani, sto provando a rispondere alla mia maniera: partendo dalle cose concrete. Sono convinta che il compito e la sfida di tutti noi sia quella di far tornare il Pdl a interpretare questa vocazione. In caso contrario, ciascuno dovrà fare le sue valutazione e agire coerentemente. La mia destra ideale non è fatta di leader e chiacchiere, ma di popolo e progetti. So di non essere l’unica a pensarla così. In molti siamo cresciuti in questa maniera. E non temiamo le responsabilità. Ne abbiamo grande rispetto, così ci hanno insegnato, ma non le temiamo.