Alfano: avanti tutta col modello francese
Ora o mai più. Per Angelino Alfano «la riforma delle riforme» non può attendere. Non fosse altro perché «mai come in questo momento ci sarà un’altra congiuntura di fattori positivi» che permetterebbe quell’evoluzione istituzionale «che un paese maturo richiede da tempo». Dopo l’annuncio di qualche giorno fa in tandem con Berlusconi, stavolta è tutto lo stato maggiore del partito in Parlamento ad accompagnare il segretario nella proposta della riforma presidenzialista. E in effetti, con tanto di calendario già preparato e allegato ai cronisti presenti a palazzo Madama, dal Pdl hanno chiarito come i tempi per l’approvazione del semipresidenzialismo alla francese ci sarebbero tutti. Per farlo, è chiaro, è necessario un ampio fronte parlamentare che non ostacoli l’iter. Alfano, proprio per questo, ha lanciato ieri un vero e proprio appello «a tutte le forze politiche che si autoproclamano riformatrici». Anche perché, come è stato spiegato, non si tratta di una proposta invasiva dell’impianto ma si innesta «all’interno della riforma istituzionale in discussione con il ddl in aula».
La prossima primavera gli italiani potrebbero essere già in grado di eleggere il loro presidente e il Parlamento con il nuovo sistema, il cui obiettivo è «garantire una maggiore governabilità» e dotare l’esecutivo dei poteri necessari a fronteggiare una crisi economica come quella attuale, «proprio come è avvenuto in Francia con Hollande, che in pochi giorni è passato dalla campagna elettorale agli incontri con la Merkel». Per ottenere tutto questo ieri sono stati presentati cinque emendamenti nei quali, in concreto, sono state predisposte le modifiche.
La prima, ovviamente, riguarda il fatto che il capo dello Stato venga eletto direttamente dai cittadini. Il presidente resta in carica non più sette ma cinque anni e può essere rieletto una sola volta, mentre l’età per salire al Quirinale viene abbassata da 50 a 40 anni.Viene eletto chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi, altrimenti si prevede un ballottaggio tra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti. Il presidente, come in Francia, viene affiancato da un primo ministro. Tra le novità, viene introdotto il conflitto di interessi come limite alla carica: non può essere candidato chi ricopra “qualsiasi altra carica pubblica o privata”. E tra le altre modifiche alla Carta, il Pdl introduce anche la possibilità per il capo dello Stato di presiedere il Consiglio dei ministri.
Resta il problema della tempistica. È proprio questo il nodo politico affrontato da Alfano. Perché nonostante i tempi stretti, «mai come in questo momento ci sono tre fattori “virtuosi” che lo permettono: perché siamo in scadenza del mandato dell’attuale eccellente presidente della Repubblica, perché non ci sarebbe alcuno sconvolgimento della legislatura che volge al termine e, terzo, perché le proposte arrivano al Senato proprio quando questo è chiamato a discutere delle riforme costituzionali».
Il messaggio è chiaro: chi non ci sta dimostra di «preferire lo status quo, di voler impedire in aula una riforma per il bene del Paese». Ma c’è di più. Che le intenzioni siano serie lo dimostra la stessa tabella di marcia predisposta dal Pdl per arrivare all’approvazione del semipresidenzialismo, che presuppone che il governo Monti duri fino al termine naturale della legislatura. Ovviamente, per un traguardo così importante, esiste anche un capitolo concessioni. E l’accordo con il Pd sarebbe proprio sulla legge elettorale. «Siamo pronti – questa è la posizione del Pdl – ad accettare il doppio turno proprio in funzione di una riforma in senso presidenzialista». Una mossa, accanto ai ritocchi che non stravolgono l’orizzonte voluto dai padri costituenti, per mettere a nudo le reali intenzioni dei democrat. E se tutto ciò non dovesse andare in porto? Alfano ha rassicurato spiegando come il Pdl «non ostacolerà» l’approvazione delle riforme costituzionali, ossia la riduzione del numero dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto. Da Fli è arrivato l’appoggio all’iniziativa del Pdl: Fini ha invitato i suoi senatori a firmare gli emendamenti per il semipresidenzialismo.