“La nuova sfida? Affrontare la vecchiaia”
Bolzano, Castello di Firmiano. L’International Mountain Summit di Bressanone si è trasferito per una giornata qui, dentro le mura restaurate da Reinhold Messner, un attento custode seminomade. Ne ha fatto un Museo Nazionale della montagna che porta il suo nome, un colosso dal cuore di pietra adibito allo scopo come altri quattro edifici in Alto – Adige. Il suo quindicesimo ottomila. Fargli un’intervista è sempre riduttivo: ha già detto tutto in quella fiume rilasciata a Peter Huetlin, diventata un libro. Oggi – mi dicono – le interviste devono essere brevi, fulminanti. Al collo gli ciondola la solita pietra Xi, simbolo di un verme che, sceso in terra, si è pietrificato. In Tibet le considerano un barometro dell’anima.
Signor Messner, lei è superstizioso ?
No, ma non sono indifferente a certe credenze (sfiora con le dita, ancora incredibilmente curate, la pietra). In Tibet dicono che quando la pietra Xi si rompe o si perde, l’uomo che la portava muore. Una mattina, in Antartide, al risveglio non la sentii più. Sudai freddo. Poi la ritrovai nelle pieghe del sacco a pelo dove si era infilata.
Anche lei ha paura, allora, qualche volta.
La paura mi ha mantenuto vivo. Ho paura prima di partire. Quando la bufera è così intensa che sembra strapparmi la tenda di dosso. In quei momenti provo una preoccupazione che si tramuta in spavento. Poi, quando la tempesta continua ad infuriare, mi abbandono a lei. Divento vento, ghiaccio, perdo quasi la mia materialità. Quando la tempesta passa, a volte mi domando se ci sia mai stata.
A questo convegno ha invitato anche Hervè Barmasse, fautore di una via nuova – ai confini dell’impossibile – sul Cervino, una montagna di casa nostra. Siamo tornati al 1966, quando lei scrisse quell’articolo in cui condannava i chiodi ad espansione e sdoganava l’arrampicata libera ?
Hervè ha visto nel Cervino una via nuova, artistica. Questo è per me l’impossibile, un esempio contemporaneo di quanto scrivevo già cinquant’anni fa. Intuire una via che nessuno ha mai salito,dove nessun altro riesce a vederla,ed arrivando in cima senza piantare un chiodo. Impossibile è adattarsi alla montagna. Diventare creativi.
Lei oggi si considera un alpinista a quasi 68 anni?
Quando sono tornato dal Gobi – una traversata longitudinale del secondo deserto della terra – il mio corpo non reagiva più come prima. Mi sono sentito più lento. Ho compreso che dovevo – a quel punto – affrontare ancora un mistero forse ancora più emozionante: la mia vecchiaia. Oggi mi sento un montanaro e le confesso che poter vagare nei boschi è diventato prezioso.
Perché il deserto?
Perché si tratta di montagne polverizzate. Cambia soltanto la prospettiva, non la sostanza.
Non è molto diverso dal dire che l’uomo è polvere.
È il nostro destino. Siamo congegnati per disfarci. Anche le Dolomiti un giorno scompariranno.
Nel frattempo è diventato anche un contadino operoso e decisamente capace di vendere. Il Gambero Rosso recensisce in modo lusinghiero il suo vino, per esempio.
Io produco in modo autonomo dentro i miei masi. Frutta, verdura, latte, formaggio, vino, tutto è di mia personale produzione. Quando ho capito che vi erano delle eccedenze, ho pensato di venderle con un pensiero preciso:vendi soltanto ciò che mangeresti tu.
Un momento irripetibile della sua vita.
Quando sono tornato indietro dall’Everest la prima volta. Posso dire di andare via per il gusto insostituibile di poter tornare.