In cosa ancora possiamo credere? Nel popolo, nella nazione, in noi stessi

29 Mag 2012 21:16 - di

La fiducia è il fondamento dell’autorità. Nessun uomo, nessun popolo accetta di far gestire la propria vita da persone e istituzioni screditate. Per questo nell’antichità l’onore – o più di recente la “fama pubblica” – era considerato un bene più prezioso della vita stessa. Da millenni si discute di quale autorità abbia diritto o ruolo di governare sulle altre. In tempi più recenti alla parola autorità si è sostituito il termine più bruto di “potere”. Di volta in volta ci si è messi reciprocamente in guardia perché non prevalesse il potere religioso, o quello economico, o quello giudiziario, o quello dei dispensatori di onori pubblici, o quello di gruppi o confraternite occulte. Alla fine, da qualunque premessa si parta, si è sempre giunti all’ovvia conclusione che il primato spetti alla politica. Perché la politica è un sistema di relazioni e non una casta, né una consorteria o una corporazione e nemmeno una classe, come gli emissari abilissimi di altri poteri oggi in Italia sono riusciti a sancire. Perché la politica è l’unico sistema che abbia come valore centrale il perseguimento del bene comune. Perchè la politica fa la legge e quindi si pone come arbitro affinché un potere o una parte non prevalga sulle altre. Perché la politica è rappresentata e rappresenta, comunque, i cittadini, il popolo, la nazione. La più grande opera del demonio – si dice – è averci convinto che non esiste. La più grande opera del corruttore è convincerci che non dobbiamo fidarci dei nostri genitori. La più grande opera di chi vuol renderci schiavi è convincerci che la politica, unica arma dei popoli contro i nemici dei popoli, sia ciò da cui dobbiamo rifuggire. Non si rende più credibile la politica assoggettandola al potere giudiziario senza controlli e nemmeno mettendo un emissario del potere economico al posto dei politici. In chi possiamo credere, in un Italia in cui la Chiesa è accusata delle cose più turpi, gli sportivi si vendono le partite, chi dovrebbe rappresentare la nazione la assoggetta a diktat stranieri, gli insegnanti fanno dottrina politica e i magistrati la impongono? Bisogna credere nella propria capacità di scegliere e discernere. Credere agli uomini e non alla loro rappresentazione. Dubitare di tutto, ma poi scegliere, col coraggio di andare fino in fondo. Credere nel popolo anche se il popolo non crede in sé stesso. Credere nella Nazione anche quando sembra se ne sia perso il ricordo. E credere che ne valga la pena. Credere sempre. Credere comunque.

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