Prima il voto, poi il Pdl spariglia
Angelino Alfano l’ha definita «la più grossa novità della politica italiana». Arriverà «subito dopo il ballottaggio», la illustreranno lui e Silvio Berlusconi e sarà «accompagnata dalla più innovativa campagna elettorale che la politica italiana abbia avuto dalla discesa in campo di Berlusconi del 1994». Cosa sarà? Il segretario del Pdl non l’ha spiegato, ma l’anticipazione è stata commentata positivamente all’interno del partito. Laura Ravetto si è detta entusiasta, Jole Santelli ha parlato della necessità di nuove «energie e idee», Micaela Biancofiore di un «balsamo per il cuore». Il tema della rigenerazione, evidentemente, è più che sentito nel partito. E lo è non alla luce di una possibile elezione anticipata, ma della nuova fase che si affaccia nella politica italiana. A spiegarlo è stato Ignazio La Russa, chiarendo che «votare a ottobre certamente non è il desiderio di Berlusconi, lo ha detto chiaro. Però non lo esclude. Ma sicuramente – ha aggiunto il coordinatore del Pdl – non stiamo lavorando per questo. Oggi riteniamo che è giusto che Monti possa concludere il suo sforzo. Manca un anno, praticamente ormai è tutta campagna elettorale. Poi tornerà in campo la politica».
Il punto è: come? Nei giorni in cui Pierferdinando Casini dà vita al suo partito della Nazione è inevitabile che ci si interroghi anche su questo. Nel Pdl nessuno si sbilancia, su alcune questioni però tutti prendono posizioni nette: serve un cambiamento reale e non si può pensare di fare una nuova Dc. «È sbagliato pensare che far rinascere in Italia la Dc sia un bene per il futuro dell’Italia», ha detto ancora La Russa, commentando l’iniziativa di Casini e spiegando che invece «la cosa più importante è offrire ai cittadini qualcosa di nuovo. C’è bisogno di rinnovare i contenuti della politica chi spera di fare facciata e belletto non ha futuro». «Questo – ha proseguito – non vuol dire cambiare colore, significare dare un contenuto più chiaro e forte, in linea con i tempi, da parte di un partito, il Pdl, che è nato da poco e ha subito molti intralci». L’idea che emerge, dunque, non è affatto quella di buttare all’aria l’esperienza del Pdl, ma di rafforzarla, magari dandole modo di esprimere quelle potenzialità che finora sono rimaste compresse.
È in questo contesto che si inserisce anche il dibattito sul documento Pisanu, che ieri ha continuato ad animare il partito. Più d’uno l’ha criticato, anche perché a renderlo passibile di “sospetti” ci si è messa la tempistica della divulgazione. La coincidenza con l’annuncio di Casini ha pesato sul giudizio di molti e, certo, molto ci hanno giocato anche i giornali. In un colloquio con il Corriere della Sera, però, lo stesso Pisanu ha detto che la sua «non è affatto una fronda», che non è «uno strappo», che è «una proposta che si rivolge ai parlamentari del Pdl, ma che abbiamo reso pubblica con l’intento di parlare col resto del mondo politico». A chi gli chiedeva di commentare, Alfano ha ribadito che un’ipotesi per andare oltre il Pdl esiste ed è ben chiara. E, allora, si torna nuovamente al “come”. Nel partito nessuno è disposto a gettare alle ortiche il percorso compiuto fin qui e, a ben vedere, proprio questo è il paletto che viene posto al dibattito sul rinnovamento e, quindi, anche a Pisanu. «Come militante di questo partito ritengo più utile discutere di Pdl che di cosa ci debba essere oltre il Pdl», ha detto Giorgia Meloni. Il senso appare lo stesso delle parole di Maurizio Gasparri che ha ricordato che «il Pdl fa il Pdl: unire i moderati nel solco del Ppe. Siamo noi – ha proseguito il presidente dei senatori – a chiedere agli altri: vogliamo costruire un’area moderata?». Ed è stato ancora Gasparri a rassicurare sulla vicenda Pisanu: «Non l’ho sentito, ma molti firmatari del suo documento mi hanno confermato che il senso è unire. Non ci sono frazionismi e fuoriuscite, c’è solo un dibattito». Un dibattito auspicato anche da Altero Matteoli: «Il partito dei moderati è il Pdl, che spero discuta al suo interno il più possibile. Di Pisanu, certo, ma anche di altro…».