Monti dia voce a chi (per ora) resta in silenzio
Non è solo una questione di sondaggi, grafici e asticelle che si fermano sul segno “più” o sul segno “meno”. Il calo di consensi per Monti e il suo governo – dopo il salva-Italia, il cresci-Italia, il libera-Italia e l’annuncio dell’asse Roma-Berlino – ha un significato ben preciso: al di là dei provvedimenti sponsorizzati come tante piccole rivoluzioni, la gente ha la sensazione (se non la certezza) di aver fatto sacrifici e che questi sacrifici non siano serviti a niente. È cambiato il clima, il flirt è durato pochissimo. Superficialmente in giro si sostiene che ci sia tanta rabbia. È vero solo in parte, perché chi è arrabbiato grida di più, al bar come sul web. Ma can che abbiaia non morde. Più preoccupante è il silenzio della maggioranza degli italiani, un silenzio intriso di pessimismo. È il dato su cui riflettere. Perché la rabbia passa, il pessimismo è difficile da combattere. Monti dice che non ci sono scorciatoie, insiste nel ripetere che l’unica strada percorribile è quella del rigore, avverte che bisogna cambiare il modus vivendi, a giorni alterni promette che ci sarà la crescita ma che per adesso bisogna stringere i denti e la cinghia. Il problema è che le famiglie hanno già stretto (e tanto) sia i denti sia la cinghia senza dire una parola e senza ottenere nulla in cambio. Non c’è stato il do ut des. E se non ci fosse stato l’intervento dei partiti – come quello del Pdl sull’Imu – la situazione sarebbe ancora più complicata. Monti, in verità, non ha mai detto di voler regalare un sogno. Ma un piccolo sforzo per un barlume di speranza avrebbe potuto farlo.