Grillo di destra? Accontentiamoci che non è Stiglitz
Beppe Grillo è di destra, ma la sua piazza è di sinistra. Lo ha scritto ieri su “Libero” Camillo Langone. È di destra, afferma, perché sotto sotto con i suoi sermoni contro la Bce è un nazionalista; è di destra perché se la prende con i cinesi che tolgono lavoro agli operai italiani; è di destra perché predica la libertà contro lo Stato che mette troppe tasse. Una cosa è certa: finché non saranno noti i risultati del voto del 6 maggio le analisi sul grillismo sono destinate a moltiplicarsi. Sicuramente imbrigliare i comizi dell’ex comico nelle etichette destra-sinistra è la cosa più rassicurante che si possa fare. Rispetto a quelle categorie, infatti, Grillo appare contraddittorio, incoerente, confuso. Ma forse è proprio quella la strada migliore per non capirci nulla e per ritrovarsi tra i piedi un fenomeno politico indecifrabile, un fenomeno che appare largamente al di sotto di quelle stesse categorie con le quali si tenta di metterlo in trappola.
L’altra via percorribile è quella di chi mette le mani avanti: Grillo è un sintomo della crisi, un suo prodotto, ma non è certo la soluzione. Ma siccome la soluzione non ce l’ha in tasca nessuno, anche su questo terreno siamo da capo: i 5 stelle restano indecifrabili, dunque inquietanti. E se neanche gli addetti ai lavori ci capiscono nulla figuriamoci gli elettori, spesso attratti da chi alza di più la voce. E allora, in definitiva, la verità demolitoria su Grillo l’abbiamo letta in una risposta di Beppe Severgnini a un suo lettore. Il Beppe saggio contro il Beppe scapigliato. Voterebbe per Grillo? No. Perché poi, se al governo ci va lui, a governare dev’essere lui. In quel caso non potrà più rifugiarsi dietro i nomi altisonanti dei premi Nobel. Non potrà dire: “Leggetevi Stiglitz e capirete tutto”. Il voto è per il signor Beppe Grillo. Non per il signor Stiglitz. Giusto. Definitivo.