Un manifesto per salvare i nostri marò
Duemila euro al giorno per ogni coppia di soldati a bordo, soldi pagati dagli armatori per disporre dell’eccellenza militare italiana in difesa delle navi minacciate dai pirati: soldi che finiscono nelle casse dello Stato e non in quelle dei nostri marò, due dei quali rischiano, in teoria, l’impiccagione in India. Quanto basta per muoversi in soccorso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, affiancando l’azione diplomatica del governo a una campagna di mobilitazione popolare, in strada, sul web, sui media. Una di quelle campagne già fatte, a suon di manifesti e gigantografie, per le due Simone, per Sakineh, per San Suu Kyi: una di quelle battaglie “italiane” da fare adesso, subito, con spirito bipartisan – s’è detto Ignazio La Russa – per quei due ragazzi finiti in una storia troppo torbida e ambigua per sentirsi completamente al sicuro. Ecco perché l’ex ministro della Difesa ieri s’è mosso in prima persona per lanciare una campagna di sensibilizzazione della pubblica opinione sulla sorte dei due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori (o pirati?) indiani per difendere un cargo italiano. «Invito tutti i sindaci, presidenti di provincia e di Regione, di tutte le aree politiche, ad appendere alle facciate dei municipi un manifesto con l’appello “salviamo i nostri marò”. I nostri ragazzi se lo meritano, vanno riportati in Patria e giudicati qui: è il momento che tutti i partiti diano seguito al sostegno che esprimono, a parole, nei confronti dei nostri militari all’estero». I primi a rispondere all’appello sono stati i sindaci di Roma, Gianni Alemanno, e quello di Catania, Raffaele Stancanelli, poi anche Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, ed Edmondo Cirielli, presidente della Provincia di Salerno, hanno manifestato la propria adesione. Ma tante altre amministrazioni, anche di piccole dimensioni, sono pronte a raccogliere l’invito. «Se hanno problemi di costi, visto la difficile fase attuale, forniamo noi il poster, costa 200 euro», precisa il coordinatore del Pdl, che accanto sè, in conferenza stampa, alla Camera, ieri aveva molti altri esponenti del partito, tra cui Giampiero Cantoni, Massimo Corsaro, Filippo Ascierto, Viviana Beccalossi, Pierfrancesco Gamba, Salvatore Cicu e Paola Frassinetti. Da ieri quel manifesto con la scritta “Salviamo i nostri marò” campeggia anche in via Dell’Umiltà, sede romana del Pdl. La speranza è che altri partiti facciano lo stesso. E la Frassinetti si augura che anche tante scuole adottino la gigantografia con appello annesso.
Toni pacati ma fermi
Solidarizzare senza polemizzare. Manifestare fermezza senza irrigidire la controparte. Invocare giustizia evitando di inasprire il confronto legale con un Paese tradizionalmente amico. Tutto questo per riportare a casa Massimiliano e Salvatore, coinvolti in una strana storia di pirati, navi commerciali e colpi sparati in difesa degli interessi nazionali, in acque internazionali, questo è certo, colpi finiti chissà dove, questo è da appurare. Forse addosso a due poveri pescatori indiani o forse su pericolosi pirati in fase di aggressione, con il giallo di una nave greca in zona, di una versione italiana che sostiene l’innocenza dei due marò italiani e con l’incubo di un processo a carico dei soldati che in teoria rischierebbero il patibolo. Ecco perché ieri, senza urlare slogan ma senza mostrare timori o arrendevolezza, La Russa ha spiegato che l’Italia non vuole l’impunità per i nostri, ma giustizia. Quella italiana. «Il punto è questo. Qualunque cosa sia accaduto,e su cui si farà chiarezza, è accaduta in acque internazionali, la competenza è della nostra giurisdizione. Ecco perché vogliamo che all’attività del governo si affianchi anche una campagna di sensibilizzazione che non punti ad esasperare i toni del confronto con il governo indiano, ma manifesti compattezza su quel punto: i nostri militari vanno riportati e giudicati in Italia. E tutte le forze politiche devono affiancarci, visto che non abbiamo nemmeno utilizzato simboli di partito proprio per dare a questa iniziativa una connotazione bipartisan. Ci sembra doveroso – ha aggiunto la Russa – che i nostri cittadini esprimano vicinanza a due persone che stavano svolgendo il loro lavoro, con la benedizione non solo del Parlamento ma anche della Nato». L’ex ministro ha ricordato la mobilitazione «che c’è giustamente stata per altri casi, come per le due Simone, ma non solo» e ha chiesto che la gigantografia dei due marò venga esposta anche nelle sedi dei partiti e delle associazioni. L’esponente del Pdl ha ribadito più volte che si tratta di un’iniziativa «aperta a tutti, spero il più possibile condivisa». In queste ore è stata anche aperta un’apposita pagina su Facebook dal titolo: “Salviamo i nostri marò”. In tanti la stanno condividendo, a conferma di un interesse concreto sulla sorte di Salvatore e Massimiliano. La Russa ha ricordato anche un altro aspetto importante, che deve rendere la battaglia per il loro ritorno patrimonio di tutti. I due militari erano imbarcati sulla base di una legge di iniziativa parlamentare che consente agli armatori di dotare le navi di contractor o militari della marina militare. «Questi ultimi, ha spiegato il presidente della Commissione Difesa del Senato, Giampiero Cantoni – vengono pagati dall’armatore nella quota di 2 mila euro al giorno per coppia, da versare allo Stato».
Con il governo, però…
Uno dei punti su cui l’ex ministro della Difesa non ha voluto glissare è su quali siano le responsabilità sul fermo dei due militari italiani. Chi ha dato l’ordine ai militari di andare in porto e abboccare a quella che a taluni è apparsa come una “trappola”? «Ho sentito per telefono il ministro degli Esteri Giulio Terzi e mi ha riferito che lui era contrario al rientro della petroliera italiana nel porto. Il suo era solo un parere, perchè credo non avesse alcuna possibilità di ordinare al comandante della nave di rimanere in acque internazionali». Il coordinatore del Pdl che ha riconosciuto l’impegno del governo (il sottosegretario Steffen De Mistura è a New Delhi per seguire il caso da vicino) ha ha precisato di non avere alcuna intenzione di voler attizzare la polemica, ma l’interrogativo resta: perché i due marò, imbarcati su una nave italiana che navigava in acque internazionali, sono scesi a terra? «Per ora in tutta questa vicenda – ha detto ancora La Russa – c’è una sola, inequivocabile, certezza: i fatti sono avvenuti in acque internazionali e quindi i due marò devono essere giudicati dalla magistratura italiana». La convinzione del Pdl è che ora occorre stare vicino ai due militari e alle loro famiglie e nel contempo far crescere nel Paese la consapevolezza che i due fucilieri di Marina erano imbarcati sull’«Erica Lexie» per proteggerla dagli attacchi dei pirati. «Latorre e Girone hanno partecipato a diverse missioni internazionali. Sono stati in Afghanistan, Libano, Kosovo e Iraq.
Dunque sono due militari preparati e con una grande esperienza, non sono gente che ha il grilletto facile».
Il sostegno di Parisi
Tra gli approcci bipartisan citati da La Russa in conferenza stampa, c’è anche quello con l’ex omologo alla Difesa Arturo Parisi, che pur non essendo intervenuto in prima persona alla conferenza stampa, ha diramato una nota che allarga il campo politico del sostegno all’iniziativa, pur senza entrare nel merito. Parisi esprime il suo «incoraggiamento ad ogni iniziativa a sostegno dei marò», invitando tutti, in linea con La Russa, “a misurare le parole” per non avere effetti controproducenti.
Alemanno aderisce per primo
Il sindaco di Roma ieri ha annunciato che il Comune aderirà all’appello lanciato da Ignazio La Russa e oggi, alle 12.15, in Campidoglio, alla presenza dell’ex ministro, verranno esposte le immagini di Latorre e Girone. «Non intendiamo, ovviamente, entrare né nel merito dell’inchiesta né negli ambiti di competenza della nostra diplomazia, ma riteniamo che l’iniziativa di La Russa di esporre le immagini dei nostri due soldati per tenere desta l’attenzione del Paese a favore di questi ragazzi, debba essere condivisa. Mi auguro che tutte le forze politiche e le altre Istituzioni si uniscano senza esitazioni», scrive Alemanno in una nota.