Foibe? Il 57% degli italiani non ne sa nulla
Sono pochi? Sono tanti? Il numero degli italiani che a pochi giorni dalla Giornata del Ricordo dell’esodo giuliano dalmata, conosce il termine “foibe” fa riflettere. «Soltanto» il 43 per cento degli italiani sa cosa siano – rivela un sondaggio della Società Ferrari Nasi & Associati, commissionato dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – pochi ma la percentuale è in aumento: più tre punti rispetto al 2008. Particolarmente bassa (22 per cento) la percentuale di quanti, giovani e non, conoscono la storia dell’Adriatico orientale e il gigantesco esodo degli istriani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia al termine della Seconda guerra mondiale sotto la spinta della pulizia etnica delle milizie jugoslave del maresciallo Tito.
«Gli italiani – si legge nel sondaggio – sono più colpiti dalla tragicità delle foibe che dagli eventi successivi». Un dato positivo, sottolineato da Giorgia Meloni, ex ministro della Gioventù, è la conoscenza del tema da parte delle fasce più giovani («raddoppia dal 22 al 46% la cognizione delle foibe»). Lo studio condotto dall’agenzia di analisi sociopolitiche, che ha curato le precedenti edizioni del 2008 e del 2010, è utile per leggere il sentimento collettivo nei confronti della memoria nazionale e di un capitolo della nostra storia più recente, trascinato nell’oblio per decenni. Parliamo di trecentocinquantamila esuli italiani e di trentamila infoibati italiani. Sulla storia non si può dividere il popolo italiano», insiste la Meloni di fronte al perdurare delle strumentalizzazioni che una parte delle forze politiche e degli antagonisti «intruppati» con il potere. Il discorso è facile secondo l’ex titolare del ministero che Monti ha abolito, «non ci sono martiri di serie B. E quando avremo anche la capacità di rispettare tutti, senza strumentalizzazioni, noi saremo finalmente un popolo». Il sondaggio? «Stando ai numeri, c’è ancora un bel lavoro da fare per diffondere la conoscenza di questa pagina tragica di storia nazionale, soprattutto se la colleghiamo a quella di altri crimini efferati, di drammi e genocidi, però vale la pena di riconoscere che molto è cambiato dall’introduzione nel 2004 della Giornata del Ricordo, dopo la campagna fatta dal centrodestra sulla faziosità dei testi scolastici. Insomma il dato è positivo in termini relativi, insoddisfacente in termini assoluti». Il fatto che i giovani siano più informati degli “adulti” è da attribuire soprattutto al ruolo strategico della scuola («penso all’impegno del governo Berlusconi sulle circolari ministeriali perché le scuole mettessero in piedi iniziative per “ricordare”).
Anche per Debora Serracchiani, europarlamentare del Pd, il risultato del sondaggio è un «dato significativo, sta crescendo la conoscenza e la sensibilità su questo argomento dopo l’istituzione del giorno del Ricordo, che,voglio sottolineare, fu un’iniziativa parlamentare (primo firmatario Roberto Menia, all’epoca deputato di An, ndr) per porre l’accento su una vicenda sottaciuta per tanti anni». Un segnale importante che “riaccredita” un po’ la categoria dei politici, «visto come viene considerato il Parlamento in questo perido». Per anni – aggiunge la Serracchiani – l’esodo di trentamila italiani dall’Istria fu nascosto soprattutto per ragioni di convenienza politica, «penso ai problemi sui confini orientali alle richieste di risarcimento degli esuli, non ancora esaudite. Tutte questioni che portarono la classe politica a parlarne il meno possibile». Ben vengano oggi la conoscenza di tutte le tragedie, il Giorno del Ricordo e la Giornata della Memoria, «tanto più che i testimoni diretti per ragioni anagrafiche stanno scomparendo», dice la giovane esponente del Pd citando un episodio concreto di pacificazione, il concerto di luglio 2010 alla presenza di Napolitano, del presidente croato e del presidente sloveno. Contraria, invece, a un’unica data per ricordare tutti i martiri italiani («olocausto e foibe sono duce cose diverse, pur nella comune identità italiana, non è con un’unica data che risolviamo il problema della convivenza e del superamento delle partigianerie»). Putroppo, però, si regitrano ancora guerre postumne tra morti di qua e morti di là. A Firenze il corteo del ricordo previsto per sabato prossimo si preannuncia difficile per mobilitazione dei centri sociali che hanno indetto una contromanifestazione all’insegna dell’antifascismo (ma che c’entra?), per non parlare dell’aula negata dall’Università fiorentina per lo svolgimento di un convegno sul «massacro delle foibe» che si terrà domani. «C’è un’interrogazione e si deve andare fino in fondo – dice la Meloni – è assurda la motivazione di ordine pubblico addottata dal rettore, per questioni di sicurezza allora non diamo esecuzione a una legge dello Stato? È surreale». Anche quest’anno – denuncia Achille Totaro – in occasione della Giornata del Ricordo, Firenze sarà teatro di una contromanifestazione che inneggia a Tito, a Stalin e a quelle milizie comuniste slave che sul finire della Seconda guerra mondiale uccisero, infoibandole, 30mila persone colpevoli soltanto di essere italiani». Il senatore del Pdl, fiorentino doc, aggiunge un particolare illuminante: «Abbiamo appreso dalla stampa che la Digos, forse per un abbaglio o per cattiva informazione di qualche dirigente, ha invitato gli opposti estremisti a mantenere il senso di responsabilità, voglio ribadire che non si può mettere sullo stesso piano un corteo pacifico e dei contestatori violenti che negli anni passati si sono resi protagonisti di aggressioni nei confronti dei manifestanti». Due anni fa al termine del corteo venne aggredito un anziano, e quando la polizia intervenne, un agente venne ferito.