Tornare al popolo. Per il popolo
Il governo tecnico è un’anomalia italiana. In una democrazia normale è inconcepibile. L’idea che, se il popolo sceglie un governo “sbagliato”, altre forze debbano intervenire per “salvare” il Paese è un concetto contenuto nella Costituzione turca e si riferisce al diritto delle forze armate di fare un golpe (norma annullata dal governo Erdogan). Quando intervengono i tecnocrati la politica ha perso. Ma la politica ha già perso quando il popolo, che deve rappresentare e a cui deve rispondere, non la vuole più.
Le leggi elettorali le fa la politica per garantire stabilità alla politica. Ormai l’immagine da tutti condivisa è che la legge che ha prodotto l’attuale rappresentanza parlamentare sia stata fatta da una “casta” per tutelare se stessa. Ed è ormai inutile sgolarsi nel tentativo di far capire ai cittadini che si tratta di un’affermazione insensata. Il paradosso, però, è che proprio questa legge ha di fatto depotenziato la politica, togliendo al Parlamento una legittimità riconoscibile nel voto territoriale. Se migliaia di cittadini avessero sottoscritto l’investitura del proprio parlamentare, ci sarebbe voluto ben altro che una bolla presidenziale per privarli della loro rappresentanza.
Tornare alle elezioni senza modificare questa legge, aldilà del turpiloquio e del vaniloquio ormai consuetudinale, è una priorità del Parlamento prima che degli antiparlamentaristi. Anzi, è l’unico modo per riavvicinare i cittadini alla democrazia. Che non sarà un sistema perfetto, ma è sempre meglio che farsi imporre il governo dall’alto. O addirittura da fuori.