La “rivolta dei forconi” attraversa lo Stretto (e iniziano i depistaggi…)

18 Gen 2012 20:52 - di

Terzo giorno di protesta in Sicilia del movimento “onda d’urto” contro il governo regionale e nazionale. Anche ieri strade, ferrovie, ponti e porti sono rimasti bloccati e ora in molti centri dell’isola cominciano a scarseggiare le scorte di viveri e la benzina. Un movimento ampio che unisce i camionisti aderenti all’Aias, gli agricoltori riuniti sotto la sigla di “Movimento dei forconi”, i pescatori, ma anche studenti, disoccupati, pensionati e cittadini comuni, tutti uniti nel protestare contro la manovra Monti che ha messo in ginocchio l’economia e contro l’aumento del prezzo dei carburanti e delle tariffe delle autostrade. La protesta, definita “I nuovi Vespri siciliani”, ieri si è ulteriormente allargata con presidi spontanei un po’ dovunque nell’isola ed è sbarcata anche a Cosenza. «Siamo sull’orlo del fallimento, servono interventi di sostegno», hanno denunciato alcuni cittadini. «Non è lo sciopero di una categoria, ma la rivoluzione di un popolo», hanno detto altri. Non solo, la pagina Facebook aperta dagli organizzatori del movimento, in meno di ventiquattr’ore ha più che raddoppiato i contatti passando dalle 12.814 visite del giorno prima ai 29.762 di ieri. Una rivolta “scomoda” prima ignorata dai media nazionali, poi minimizzata e ora criminalizzata. Infatti, per delegittimare le manifestazioni siciliane sul web è rimbalzata l’indiscrezione che non si tratta di proteste spontanee ma che dietro al “Movimento dei forconi” e al suo leader ci sia Forza Nuova. Un’ipotesi che poi è diventata “realtà” nelle dichiarazioni di Sel, che ha cercato di collegare il movimento a Forza nuova e a Scilipoti. Un’accusa tanto infondata quanto inverosimile, vista l’enorme partecipazione alle proteste da parte dei cittadini. La notizia è stata anche direttamente smentita da Martino Morsello, 57 anni e leader dei “forconi”. «Noi – ha detto – siamo apartitici. Siamo un movimento di lavoratori dell’agricoltura, del commercio e dell’artigianato, formatosi per avere più forza per colloquiare con le istituzioni e avere risposte a legittime richieste. Siamo contro il sistema politico-burocratico che si autogestisce per creare clientelismo e soddisfare le proprie esigenze di autoperpetuazione». E a chi sul web ha scritto che un anno fa aveva partecipato a un convegno di Forza nuova ha replicato: «Io con Forza nuova non c’entro nulla. Sono socialista sono stato assessore comunale a Marsala dal 1980 al ’93. Alle regionali ho votato un amico del Pd. Il nostro movimento è nato dai comitati spontanei nel giugno 2011. Non abbiamo tesserati, siamo aperti a tutti. In Sicilia per ora abbiamo cento postazioni di protesta dove ci sono almeno 100mila persone». Ma al di là delle pretestuose strumentalizzazioni i blocchi hanno cominciato ad ottenere i primi risultati. Stamattina a Palermo a Palazzo d’Orleans gli organizzatori incontreranno il presidente della Regione, Raffaele Lombardo e i prefetti della Sicilia: «Nell’incontro – ha spiegato il presidente dell’Aias, Giuseppe Richichi – presenteremo le nostre richieste. Il problema non è di facile soluzione. I signori della grande distribuzione la fanno da padroni, perché non c’è questa “filiera lunga” della quale parlano. Si tratta di un passaggio dal mondo produttivo ai supermercati. Gestiscono loro questo monopolio». E il presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti ha convocato per martedì prossimo la conferenza permanente dei sindaci della provincia di Palermo.
Anche ieri ci sono stati blocchi a Catania e Palermo con lunghe file davanti ai distributori di benzina. Molti gli automobilisti in giro con le taniche. Nel capoluogo etneo il 95 per cento delle stazioni di servizio non può più lavorare. Per motivi di ordine pubblico la Capitaneria di porto di Palermo ha disposto la chiusura del varco principale di accesso all’area portuale. Su alcuni tir, da tre giorni fermi nelle Raffinerie di Gela e Priolo per lo sciopero contro il caro-gasolio e i rincari dei pedaggi autostradali campeggiano le bandiere della Trinacria, simbolo degli indipendentisti. La protesta si è inasprita anche a Gela dove i presidi alle porte della città e dello stabilimento petrolchimico sono diventati blocchi invalicabili. A condurre gli impianti per ore sono rimasti i dipendenti del turno di notte che non hanno ricevuto il cambio. Bloccati anche i lavoratori giornalieri e quelli delle imprese dell’indotto. Le autocisterne per la consegna dei carburanti Eni ai distributori sono rimaste ferme nei depositi. La direzione dell’azienda aveva minacciato la chiusura se i blocchi non avessero fatto passare quantomeno il personale turnista. Nel pomeriggio sindaci e vertici provinciali delle forze dell’ordine si sono riuniti nella prefettura di Caltanissetta per esaminare le condizioni di sicurezza del petrolchimico e alle 17,30 il personale che era in turno dalle 22 dell’altro ieri sera ha potuto ricevere il cambio e tornare a casa dopo quasi venti ore di lavoro. Altri manifestanti sempre a Gela hanno partecipato a un corteo funebre con canti e litanie. Al centro della piazza Municipio è stato allestito un feretro, composto da un tronco d’albero a forma di croce, con attorno carciofi, peperoni, arance e melanzane, al posto dei fiori. «Un ricorso alla metafora – hanno detto gli organizzatori – per denunciare con forza la morte dell’agricoltura siciliana». Un appello al premier e al governatore a sostegno della protesta è giunto dal deputato Pdl, Stefania Prestigiamo:«Ascoltino la protesta dei “forconi” in Sicilia, le cui ragioni sono per molti versi condivisibili, anche per evitare che assuma i connotati di una sommossa popolare».  La protesta però non è condivisa dalle organizzazioni di categoria. Confindustria e altre undici associazioni, dopo avere firmato un documento congiunto, hanno deciso di inviare al governo altre due relazioni, denunciando la pericolosità della situazione. Il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ha inviato una nota al ministro dell’Economia, Corrado Passera, mentre il cartello di associazioni che raggruppa artigiani, agricoltori, commercianti e cooperative ha scritto a Monti e a Lombardo. «I drammatici fatti di queste ore – hanno scritto le associazioni che si sono subito dissociate dalle proteste pur condividendo il malessere di alcune categorie – evidenziano la gravità della crisi economica in Sicilia e la totale assenza, fino ad oggi, di provvedimenti incisivi da parte del governo nazionale e regionale. Le ragioni delle imprese rischiano di sfociare in un ribellismo inconcludente aperto anche alle infiltrazioni della criminalità, organizzata e non».

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