Bufera-rating: il Pdl attacca, il Pd si dilegua
Le scuse della sinistra a Berlusconi non ci sono state (com’era prevedibile) ma il “Risiko” che ha portato allo sfratto del Cavaliere non ha più segreti: si sa quali sono state le armate in gioco, quali colori avevano e chi ha truccato i dati. A dare il colpo di grazia, con un tiro da punteggio pieno, le agenzie di rating, ora sul banco degli imputati grazie soprattutto all’offensiva del Pdl. Gli altri attori, le (ex) forze dell’opposizione nostrana e le spinte venute da alcuni supposti partner europei. Il tutto è racchiuso in una frase, pronunciata dallo staff della Merkel: «Potete fare da soli». Chi ancora nutriva dubbi sulla politica forcaiola della Germania, con questa risposta, seguita alla richiesta di aiuto di Mario Monti, è servito. Qui non si tratta, come ha più volte detto il nostro premier, di «fare i compiti a casa», ma di fare tutto in casa. I tedeschi, infatti, sembrano essersi riservato il ruolo di esaminatori e intendono andare avanti così, con un fanatismo che rischia di costarci molto caro. Con le agenzie di rating che fanno da spalla alla speculazione, la Merkel che pretende di comandare in Europa senza scucire un euro, Sarkozy declassato e l’economia in crisi, la “fase due” a cui sta lavorando il nostro governo e il tanto decantato piano per la crescita minacciano di non portare novità significative. Nell’Europa dell’euro, le esigenze dei popoli di avere lavoro e sviluppo restano ingessati dalla paura atavica dei tedeschi di fare spesa e di produrre inflazione. E in questo modo tutti sono condannati a tirare la cinghia e a consumare di meno.
Virtuosi per forza
Il problema dello sviluppo che non c’è è una questione di importanza fondamentale per l’Italia, ma lo è anche per gli altri Paesi del Vecchio Continente. Anche la Francia, che finora è andata a braccetto con la Germania nel direttorio franco-tedesco, adesso dà segni di insofferenza. Sarkozy ha perso la tripla A e, alla vigilia delle elezioni, subisce le contestazioni dei francesi e rischia di perdere la corsa all’Eliseo. Mastica quindi amaro. Tanto che, secondo un retroscena svelato dal quotidiano satirico Le Canard Enchaine, incontrando gli industriali d’Oltralpe, si sarebbe lasciato scappare frasi pesanti nei confronti della Merkel. «Paghiamo cara – avrebbe detto – l’ortodossia tedesca. Da mesi non smetto di ripetere che la Bce deve avere un ruolo maggiore e non può giocare a nascondino. È questo il cuore del problema». Ma le risposte non arrivano, nonostante – secondo Sarkozy – l’attuale situazione economica in Francia come in Europa è molto pericolosa e c’è urgenza». Valgono, dunque, più le suscettibilità dei leader che la sostanza dei problemi. Un fatto avvalorato anche dalla marcia indietro di Sarkozy, che si è tirato fuori dalla trilaterale di Roma con Monti e la Merkel per evitare che, in vista del Consiglio europeo di fine mese, venisse considerato alla pari del nostro presidente del Consiglio. Se in epoca berlusconiana trionfavano i sorrisetti ironici, adesso sembra essere arrivato il momento della rivendicazione di un primato molto appannato, perché da quando questa storia è iniziata il presidente francese si è mosso sempre a rimorchio della Merkel e perché la situazione di Parigi è quella che è, non solo per il declassamento di S&P, per il debito che innesta il turbo e per le banche con i bilanci zeppi di titoli greci.
Sforbiciata alla crescita
I problemi del’Europa in difficoltà si ripercuotono in tutto il mondo. La Banca mondiale, infatti, ha tagliato ieri le previsioni di crescita per il 2012 e per il 2013. Quest’anno il Pil mondiale aumenterà del 2,5 per cento, ovvero l’1,1 per cento in meno rispetto a quanto previsto solo lo scorso giugno. Un fatto molto preoccupante se si considera che i piani di risanamento saranno tanto più dolorosi quanto minore sarà lo sviluppo. E piani dolorosi inibiranno ancora di più la vitalità economica sicché diventa reale la possibilità di un avvitamento che porta come conseguenza lo spettro della Grecia. Per l’Italia, poi, la situazione è molto difficile perché con gli attuali tassi d’interesse spendiamo cifre molto importanti per il finanziamento del debito, sottraendoli a possibili investimenti e quindi allo sviluppo dell’attività economica, foriera di utili, reddito e nuovi posti di lavoro. Ecco perché Monti ha chiesto a tedeschi e francesi di fare di più per aiutarci ad abbassare i costi di finanziamento sul mercato. Se questo non succede, infatti, le manovre non potranno che servire a tamponare i buchi, mentre il risanamento sarà condannato ad aspettare.
Il Pdl in campo
Scenari da evitare, secondo il Pdl, che ha presentato al Senato quattro mozioni che individuano alcune priorità concrete per affrontare la crisi e scongiurare il pericolo di una fase recessiva. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, spiegando le proposte, hanno dettagliato la necessità che venga affrontato il problema del credit crunch per le Pmi, rinviando la data di entrata in vigore delle disposizioni Eba per le banche; modificato Basilea 3, con l’introduzione di un moltiplicatore specifico per le Pmi che consenta alle banche di ridurre il capitale da accantonare per erogare crediti alla piccole e medie imprese; premiata l’amministrazione pubblica che riesce a velocizzare le procedure per i pagamenti delle strutture pubbliche, magari compensando i crediti con obbligazioni di natura fiscale gravanti sul creditore; impegnato il governo per una drastica riforma sul territorio europeo dell’attività delle agenzie di rating. Azione, quest’ultima, su cui si è mosso anche il gruppo del Pdl alla Camera. Fabrizio Cicchitto e Laura Ravetto hanno illustrato l’esposto presentato dalla stessa Ravetto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato su Standard & Poor’s. Nel documento si chiede l’apertura di un’istruttoria sotto il profilo dei potenziali comportamenti abusivi e di abuso di posizione dominante. I due parlamentari hanno quindi messo in evidenza i conflitti d’interesse di queste società, che «opererebbero in condizioni di assenza di effettiva concorrenza e di sostanziale oligopolio». «Si è scoperto – ha detto Cicchitto – che il problema non era Berlusconi, ma le nuove dinamiche che muovono l’economia internazionale». Eppure valutatori internazionali, organi di stampa e partiti di opposizione avevano fatto credere a lungo che sarebbe bastato allontanare il Cav da Palazzo Chigi per risolvere i problemi del rating e dello spread. Non è stato così, e anche per questo Moody’s, Standard e Poor’s e Fitch hanno perso credibilità. «La Bce non le consideri», ha detto ieri il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, che ha chiesto anche un intervento Ue sui criteri dell’Eba.