Banche salve ma cittadini morti
In estremo Oriente, ma anche nell’antica Roma, ci si uccideva per la vergogna, non per la disperazione. Quando ci fu la crisi delle Borse nel ’29 i banchieri si gettavano dai palazzi perché non sopportavano l’onta di aver messo in ginocchio una intera nazione e gettato sul lastrico milioni di risparmiatori. In Inghilterra si verificarono suicidi di agenti di Borsa anche in occasione del “mercoledì nero”, quando il filantropo comunista Georges Soros fece crollare la sterlina e la lira con un attacco speculativo. Nell’era del governo Salva-Italia si suicida l’imprenditore che non può pagare i dipendenti, l’artigiano che non ha più lavoro, il pensionato a cui l’Inps chiede la restituzione di cinquemila euro. E non è colpa di nessuno o comunque è di qualcun altro. In Italia ogni anno ci sono emergenze stagionali: il caldo, il freddo, le piene, il sovraffollamento delle carceri, l’aumento dei prezzi, ma la soluzione è sempre superare la crisi per ricominciare il giorno dopo come se niente fosse. Si tampona l’effetto, ma non si tocca la causa. E ad ogni crisi si invoca l’intervento esterno: dei tecnici, dell’Europa, delle truppe americane. Chi gestisce la crisi si porta a casa il bottino e l’Italia riparte in ginocchio, raccogliendo i cocci e seppellendo i morti. L’Italia invece sarebbe e potrebbe essere una grande nazione. Un generale americano disse che gli italiani sono l’unico popolo che dovrebbe essere processato per autogenocidio…