Libertà di licenziare. Per assumere

22 Dic 2011 20:48 - di

Ci sono lavoratori che contano – contratti blindati e tutele sindacali – e quelli irrilevanti. Ci sono anche politici che contano – quelli che hanno acquisito già tutto e propongono di fare i tagli agli altri – e i politici che non contano nulla. In tutte le categorie è lo stesso: le generalizzazioni sono da idioti. Persino tra i magistrati ci sono i supertutelati e quelli che sono carne da cannone. E lo stesso vale per i giornalisti. Alcuni – come dice la Fornero – cresciuti all’ombra del potere, altri, riuniti in cooperative per mantenere il posto di lavoro sperando nel fondo per l’editoria. In Italia, da sempre, ci sono i tutelati e gli abbandonati. Non c’è solo il familismo, ci sono anche le cosiddette “reti di tutela sociale”. Il problema è appunto che chi ne è fuori è indifeso. Le reti di tutela nel tempo si sono potenziate al punto da piegare le regole a garanzia dei privilegi acquisiti. Non è questione di caste. Dove ci sono iper-garantiti, si generano non-garantiti. I professori che contano hanno bisogno di ricercatori precari e assistenti sottopagati. Gli strapagati conduttori Rai hanno bisogno di un esercito di anonimi collaboratori precari che gli mandano avanti il programma. Gli “illicenziabili” hanno creato le premesse perché le aziende si riforniscano di lavoratori usa e getta. Per questo l’articolo 18 è un falso problema. Dove i diritti di pochi sono non negoziabili, si tagliano fuori dai diritti tutti gli altri. Tutele adeguate per tutti è meglio che tutele assolute per pochi. In ogni categoria.

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