Parigi si ritrova in austerity (come ai tempi della guerra)

7 Nov 2011 20:36 - di

Iva più alta, aumento delle tasse per le aziende e riforma delle pensioni anticipata di un anno. Sono i punti cardine del rigoroso piano di rientro dal debito annunciato ieri dalla Francia. «Molti anni di sforzi sono davanti a noi», ha chiarito il premier Francois Fillon, parlando del pacchetto come della «finanziaria più rigorosa dal 1945».

Risparmiare 100 miliardi
L’obiettivo che si è dato il governo francese è raggiungere il pareggio di bilancio nel 2016, ma per farlo bisogna che Parigi risparmi cento miliardi di euro e che interrompa «la pericolosa spirale», come l’ha definita Fillon, di rialzo del deficit e del debito causata dal rallentamento del Pil: le ultime previsioni dicono che nel 2012 sarà dell’1% e non dell’1,7 come era stato stimato in precedenza. «La Francia deve fare ancora più sforzi», è stata dunque la constatazione del suo premier, in un giorno in cui lo spread del Paese ha toccato la cifra record di 131,3 punti base. Ovvero in un giorno in cui i mercati hanno detto chiaramente che non si fidano affatto dei conti d’Oltralpe.

Parigi non è Berlino
Solo l’altro ieri era stata Parigi a mettersi sullo scranno del giudice. «L’Italia ha un problema di credibilità», aveva detto il ministro degli Esteri Alain Juppé, pur riconoscendo che il nostro «è un grande Paese, con un’economia forte e potente» e che «il programma di riforme presentato dal governo italiano è in grado di calmare i mercati». «Bisognerà vigilare e – aveva aggiunto il titolare del Quai d’Orsai – assicurarsi che, sulla base dei rapporti del Fondo monetario internazionale, queste riforme siano attuate». Il governatore della Banca di Francia Christian Noyer, invece, aveva lamentato che la Bce non può acquistare bond all’infinito. Non aveva nominato l’Italia, ma l’allusione era superflua visto che la Bce sta intervenendo sul mercato per i titoli italiani e per quelli spagnoli. Sullo sfondo resta il risentimento per le mancate dimissioni di Lorenzo Bini Smaghi, che avrebbe dovuto lasciare il board della Banca centrale europea per fare posto a un membro francese. Ma c’è anche il ruolo che la Francia ha preteso di avere nella gestione della crisi: di guida al fianco della Germania, magari proprio come la Germania. Ma Parigi non è Berlino e mentre la prima è costretta a tirare la cinghia per 100 miliardi in cinque anni, la seconda può puntare a sostenere lo sviluppo attraverso un piano di riduzione delle tasse.

La Germania abbassa le tasse

Il piano tedesco è frutto di un accordo tra i cristianodemocratici della Cdu, i liberali della Fdp e i cristianosociali bavaresi della Csu, che sostengono il governo di Angela Merkel. Prevede l’innalzamento dei limiti reddituali per la cosiddetta “no-tax area”, entro cui non si pagano le imposte. Aumenterà, insomma, il numero di tedeschi al riparo dai balzelli. Inoltre, verrà ridotta la “progressione fredda”, il meccanismo che fa scattare un aumento delle imposte automatico legato agli aumenti in busta paga. Il doppio taglio delle tasse scatterà nel 2013 con una previsione di due miliardi in meno per il primo anno e di quattro miliardi per quello successivo. A questo il governo ha aggiunto anche un pacchetto di misure sociali, rivolte in particolare alle famiglie: riguarderanno il settore dell’assistenza a malati e anziani e il sostegno alle madri che sceglieranno di non mandare i figli all’asilo.

La Francia corre ai ripari
I cittadini francesi, invece, vedranno crescere l’Iva dal 5% al 7,7% su molti prodotti e servizi. Si tratta di un provvedimento a sorpresa, così come ill prelievo speciale del 5% per le imprese con un fatturato superiore ai 250 milioni di euro. È previsto, inoltre, il congelamento degli stipendi del presidente della Repubblica e dei ministri, finché non sarà raggiunto «un rigoroso equilibrio», ha spiegato Fillon, delle finanze pubbliche. Ma a dare la misura di quanto emergenziali siano questi interventi è il fatto che viene anticipata di un anno la riforma delle pensioni. Era stata varata a luglio e prevedeva che l’età del ritiro passasse da 60 a 62 anni nel 2018. La nuova stesura la rende operativa dal 2017. È il 2016, invece, l’anno fissato per il pareggio di bilancio. Per conseguire il risultato nei prossimi anni la Francia dovrà mettere da parte molto più dei quasi 19 miliardi preventivati a fine agosto per il 2012-2013. «Un mondo in bancarotta non è più un concetto astratto», ha detto ieri Fillon, che si ritrova tra le mani un debito che non solo è pari all’87,6% del Pil ma che è in rapido aumento.

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