La “meglio gioventù” esiste ancora
Chi si aspettava un pamphlet di fine legislatura con il bilancio delle iniziative del ministero della Gioventù di questi tre anni, resterà deluso. Noi crediamo, viaggio nella meglio gioventù d’Italia, il primo libro di Giorgia Meloni fresco di stampa, edito da Sperling & Kupfer, è un volume scritto “segretamente” a più mani, una biografia corale di giovani pionieri, un po’ guasconi. Un puzzle di vite, di storie di ragazzi e ragazze, che si muovono con coraggio, che «non si lasciano pigramente scivolare la vita, ma la prendono a morsi per scoprirne il sapore». Non è rivoluzionario chi si mette un passamontagna in faccia e spacca un vetrina. Non ci vuole molto – scrive Giorgia – è solo sfogo, cattiveria, egoismo; un rivoluzionario non copre la faccia, ce la mette.
Storie “vere” di una generazione invisibile che ha cambiato l’Italia forse senza saperlo, lontano dai riflettori e dalla retorica del “bel gesto”, vite che «servono agli altri e all’Italia per diventare migliore». L’incursore “gentile” del leggendario “Col. Moschin”, un uomo grande, massiccio, forte e cortese, morto in un agguato in Afghanistan, lontano dall’Italia ma per l’Italia; la ballerina e pittrice senza le braccia («se non la conoscete, cercatela su google o su you tube, guardate i suoi quadri pieni di colori, di luce, di vita, guardatela mentre danza come un angelo, un angelo senza ali»); il judoka 13 volte campione del mondo, una leggenda sul tatami ma anche nella vita, nato e cresciuto a Scampia, che dà lezioni gratuite di judo per il quartiere; il giovane ricercatore italiano che non si arrende al business del laboratorio “usa e getta”, scienziato e cattolico che vive la fede come una bussola per non perdere la rotta; la giovane blogger siriana orgogliosa di essere “italiana punto e basta”, che da musulmana rispetta il crocefisso, «un patrimonio di amore e solidarietà»; l’imprenditore autodidatta che conquista il mondo con il gelato al torrone; la bimba che non doveva mai nascere e che sgambetta nello studio di Giorgia, il miracolo della vita che una madre giovanissima di Licata ha difeso con tutte le sue forze contro tutti.
Storie diversissime che nascono da un incontro, da una sintonia di valori. Alcuni sono famosi, come Federica Pellegrini, acqua e acciaio, esempio di caparbietà e di rinascita come l’Araba Felice che porta tatuata, o Mirco Bergamasco, campione di rugby («una metafora di come dovrebbe essere la vita; l’imperativo è l’avanzata impetuosa per portale palla ovale in meta e la regola base è passare quella palla indietro ai compagni»). Altri no, come Paolo Colli fondatore e anima di Fare Verde («questa è la parte più difficile del libro», scrive Giorgia, perché Poldo è stato un amico, un maestro di strada e di sogni), occhi celesti e il sorriso sornione sempre pronto, fino alla morte per una leucemia folgorante contratta in Kosovo, capace di trascinarti in qualunque impresa, di farti innamorare di cause improbabili come la guerra senza quartiere ai cotton fioc, «maledetti e indistruttibili bastoncini del pianeta». Meno famosi ma non sono meno importanti. Simona Atzori, Alessandro Romani, Lubrina Ammoune, Pino Maddaloni, Mirco Marchetti, Federica Pellegrini, Paolo De Coppi, Guido Martinetti, Mirco Bergamasco, Carmelina Missione. E per finire, un salto all’indietro, un “certo” Goffredo Mameli, ventidue anni e un sogno, che ora «è il nostro sogno e la nostra realtà». Dodici vite, un unico battito, una stessa energia visionaria.
«La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per le cose che non vanno e il coraggio per poterle cambiare», è la frase rubata a Sant’Agostino che si legge nella quarta di copertina che ha il sapore di un manifesto esistenziale. «Noi crediamo. Crediamo nei giovani, nella politica, nella giustizia, nell’eguaglianza, nel merito. Crediamo nella nostra nazione, nata centocinquant’anni fa dal sacrificio di un gruppo di ragazzi, molti dei quali poco più che ventenni. Una banda di idealisti, sognatori e poeti – scrive l’autrice – capaci di abbandonare tutto e prendere le armi per inseguire l’utopia dell’unità nazionale». E di essere liberi. Cittadinanza attiva, protagonismo generazionale, organizzazioni giovanili di ogni tipo, è lì che si formano uomini e donne che non vogliono imboscarsi. La militanza politica è questo: praticare una scelta, non uno sfogo dell’anima, ma una creazione. Lei l’antivelina, che a 15 anni bussa alla porta della sezione romana del Fronte della Gioventù della Garbatella, scioccata dalla morte di Paolo Borsellino, e brucia tutte le tappe del cursus politico. Confessa di essersi sempre sentita «galleggiare come sopra il soffio di un geyser»; quando viene candidata consigliera della Provincia in uno dei collegi più rossi della capitale e viene eletta a 21 anni, quando Fini le telefona per dirle che lei, la più giovane di tutti, sta per diventare vicepresidente della Camera sbaragliando l’establishment, fino all’incarico di ministro. «La verità è che avrei voluto fare più a lungo il semplice militante». Ma è andata diversamente…
Ma c’è anche l’orgoglio di un’appartenenza coniugata sempre al plurale («la comunità che è il mantra di un gruppo politico diverso dagli altri, il mio») per non perdere le tracce, per ricordare «da dove veniamo, il nostro patrimonio di valori e cultura, la nostra identità». E per finire o per iniziare il manifesto, sobrio e scarno, di una destra moderna e antica, declinato parafrasando Giorgio Gaber e la sua Qualcuno era comunista…. Qualcuno era di destra – si legge – perché voleva essere parte di un grande movimento popolare. Qualcuno era di destra perché pensava che la sicurezza non fosse un capriccio reazionario e borghese ma un diritto di tutti. Qualcuno era di destra perché voleva difendere la sacralità della vita. Qualcuno era di destra perché pensava che la nazione fosse una scelta quotidiana. Qualcuno era di destra perché si commuoveva a vedere i ragazzi in divisa e i volontari, pronti a partire e morire per portare libertà e sicurezza ai popoli oppressi. Qualcuno era di destra perché non sopportava la corruzione dei politici. Qualcuno era di destra e lo è ancora… Eccola la meglio gioventù. E a quegli angeli giovani e belli non si devono retorica e citazioni di circostanza ma opere, conquiste, vittorie.