Gheddafi ucciso dai miliziani nella sua Sirte
La fine di un incubo? L’inizio di una nuova era? La giusta fine di un dittatore spietato? La notizia della morte del colonnello Muammar Gheddafi, arrivata a Tripoli intorno alle 11,30 di mattina, rimbalza sulle tv libiche, le agenzie di stampa e i siti di tutto il mondo. A poche ore dalla caduta di Sirte per mano delle milizie del governo transitorio, le news sulla caduta del colonnello che ha governato la Libia per 42 anni si rincorrono caotiche e contraddittorie. Ricostruzioni e smentite, dichiarazioni ufficiali e libere intepretazioni si mescolano amplificate dalla rete. Il rais libico è stato catturato e ucciso dai ribelli a Sirte, la sua città natale intorno alle 8 di mattina nel corso di un’operazione durata 90 minuti. Dato in un primo tempo per ferito, sarebbe morto dopo una corsa in ambulanza e sarebbe arrivato già cadavere all’ospedale di Misurata. Ma il condizionale è ancora d’obbligo.
Doppia versione
«Gheddafi è stato arrestato», è stata la prima notizia fornita da un comandante delle forze del Cnt, il governo transitorio libico, «ed è stato gravemente ferito ad entrambe le gambe ma respira ancora». Altre versioni, poi smentite e poi nuovamente confermate, raccontano che il colonnello sarebbe stato catturato in una buca e davanti ai combattenti avrebbe urlato: «Non sparate!». Incerta, invece la sorte di Mutassim, il figlio-consigliere che in un primo tempo è stato dato per morto nel blitz. I dettagli sulla morte del colonnello restano confusi per ore mentre la comunità internazionale esulta e on line circolano le prime immagini foto raccapriccianti del cadavere mezzo nudo con il volto sfregiato ricoperto di sangue. La prima immagine del volto di Muammar Gheddafi
insanguinato è opera di Philippe Desmazes, il "fortunato" fotografo dell’agenzia Afp, che, coprendo la liberazione di Sirte è riuscito a scattare un fermo immagine di un video girato dai combattenti.
L’annuncio dell’uccisione è stato poi confermato dal primo ministro del Consiglio nazionale di transizione, Mahmoud Jibril. che aggiunge «aspettavamo da tempo questo momento. È tempo di dare vita a una nuova Libia unita, un popolo e un futuro». Gheddafi «è stato ucciso in un attacco da parte dei combattenti», dice a sua volta alla Reuters il ministro dell’Informazione, Mahmoud Shammam, mentre la tv araba “Al Jazeera” più tardi fa sapere che il corpo del colonnello sarebbe stato esposto nella moschea di Misurata). «Il colonnello libico Muammar Gheddafi era nascosto in una buca, a Sirte, e una volta trovato dalle milizie del Cnt ha detto, semplicemente “Non sparate”». È il racconto che il giovane miliziano che lo avrebbe scovato, Mohammad, 20 anni, fa alla Bbc mentre indossa una maglietta blu e un cappello da baseball dei New York Yankees. Poi mostra una pistola d’oro appartenuta (?) al colonnello e viene portato via in trionfo dai suoi compagni di battaglia, che lo festeggiano al grido di «Allah Akbar», Allah è grande. Secondo un medico che ha potuto vedere il cadavere a Misurata, Gheddafi è morto in seguito alle ferite letali riportate alla testa e allo stomaco. Ma è giallo sulle ultime ore del colonnello. È stato colpito in testa», uno dei responsabili militari del Cnt, «c’è stato un fuoco intenso contro il suo gruppo ed è morto». L’Alleanza, da parte sua, riferisce che un suo aereo ha sparato contro un convoglio vicino a Sirte, ma non ha confermato la notizia che Gheddafi fosse tra i passeggeri. Sulla dinamica dell’attacco il nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini, fa sapere che l’Italia «ha supportato il Cnt nel blitz ma l’azione che ha condotto alla morte di Gheddafi è stata un’operazione del Cnt e di nessun altro».
La fine di un fantasma
È finita ieri la caccia al “mostro” che, da quando è caduta Tripoli, alla fine d’agosto, era diventato un fantasma che riappariva ai quattro angoli della Libia. Inizialmente gli oppositori avevano ritenuto che fosse davvero a Sirte o Bani Walid, poi però lo avevano segnalato in aree più remote del paese, nel sud ovest o nelle zone meridionali. Le ultime informazioni, diffuse nel fine settimana dal Consiglio nazionale, sostenevano che il raìs volesse mettersi alla testa della ribellione tuareg e per questo si era nascosto in uno dei santuari dove è forte l’attività degli uomini blu.
Caroselli e clacson
Gheddafi, invece, ha preferito restare nelle sua “sua” Sirte, tradizionale roccaforte della resistenza. E, se sono esatte le ricostruzioni di queste ore, aveva scelto come ultima trincea questa città sapendo di poter contare sull’appoggio della sua tribù e da un pugno di irriducibili. Ieri l’epilogo tragico con le consuete scene di giubilo che la storia ci ha già consegnato per la fine di altri dittatori finiti nella polvere: caroselli di auto, suono ininterrotto di clacson, uomini che ballano in strada con i mitra in pugno. Sono le prime immagini che provengono da Tripoli e da diverse città della Libia, le milizie che in questi mesi hanno combattuto contro i lealisti di Gheddafi hanno celebrato la caduta di Sirte sparando in aria, dando fuoco ai ritratti del dittatore. Ma le celebrazioni non si limitano a Bengasi, Tripoli, Sirte e Misurata. I siti di social network ospitano le reazioni dei libici nel mondo.
La guerra è finita?
«Si chiude una drammatica pagina in Libia. C’è solo da augurarsi che si costruisca un Paese nuovo, libero e unito», è il commento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Silvio Berlusconi, dopo un laconico “Sic transit gloria mundi” detto a caldo ai suoi, annuncia che la guerra è finita ma non si sbilancia (le notizie non sono ancora certe, sto cercando di mettermi in contatto con il ministro della Difesa con una linea diretta con Misurata). Anche per il ministro Ignazio La Russa si apre una fase nuova necessaria, «non mi rallegro mai per la morte di un uomo, mai i libici si aspettavano la morte di Gheddafi senza cui non si poteva considerare chiusa la vicenda del conflitto nel loro Paese». Il nostro paese ha messo a disposizione le basi – aggiunge il titolare della Difesa – «la partecipazione dell’Aeronautica e della Marina militare. Abbiamo conseguito grandi successi: si tratta ora di far nascere e di aiutare il governo libico, nonchè di poter intrattenere con reciproci e forti vantaggi l’autorità ufficiale della Libia». Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, auspica un nuovo assetto politico, una nuova fase di collaborazione tra quel Paese e gli altri, a partire dal nostro. «È giusto essere fiduciosi – dice – ma anche tener presente che ci sono ancora molte, molte incognite su quello che, esaurita tragicamente la parentesi gheddafiana, sarà il futuro della Libia». Non trova consensi nella coalizione di governo il commento di Mario Borghezio, che ha definito Gheddafi «un grande leader, un vero rivoluzionario non confondibile con i nuovi dirigenti libici portati al potere dalle baionette della Nato e dalle multinazionali del petrolio». Secondo l’esponente della Lega la fine del rais «è stata una morte gloriosa, anche se sono stato il primo e forse il solo a criticare il modo con cui è stato ossequiato in Italia recentemente». L’uccisione di Gheddafi segna un «tornante nella missione internazionale in Libia a cui partecipa anche l’Italia», è il punto sottolineato da Pierluigi Bersani, che spera che il nostro paese «torni ad avere voce» sulle questione del Medio Oriente e del mondo arabo.
Gli scenari
La fine del raìs seppellisce definitivamente un regime ma apre nuovi interrogativi: entro un mese dovrebbe insediarsi un altro governo al posto del Consiglio nazionale transitorio rappresentativo – e questo è stato il suo limite – soprattutto degli insorti di Bengasi e della Cirenaica. La Libia ora deve trovare l’unità in un Paese frammentato da divisioni regionali, tribali e percorso dall’ascesa dei fondamentalisti islamici. Non sarà facile, anche perché questa volta, all’orizzonte non si profila un leader incontrastato: la fine sanguinosa e tragica di Gheddafi forse è anche quella di un’era, in Libia e in tutto il mondo arabo.