Chi balla sui cadaveri è una fogna
Un uomo si misura dinanzi alla morte. Si può morire con onore. E si può anche uccidere con onore. Si può trattare con rispetto anche il peggior nemico, persino se gli si toglie la vita. Ma togliere una vita resta un crimine. Può risultare necessario. O perfino inevitabile. Ma non se ne può gioire. E una volta che un nemico è stato sconfitto, se si è convinti di essere nel giusto, si può anche graziare. Chi si accanisce sul potente sconfitto – o sul suo corpo sfigurato – non avrebbe avuto il coraggio di affrontarlo quando era al potere e probabilmente strisciava ai suoi piedi quando era sul trono. Che si tratti dello Czar o di Ceaucescu, di Saddam o di Noriega. Se è “dovere degli uomini liberi uccidere i tiranni” – come sosteneva Victor Hugo – si intende probabilmente che li si debba uccidere quando sono al potere, quando sono forti e in grado di nuocere ai popoli (affinché smettano di nuocere) e non quando ormai giacciono feriti, o sono rimasti soli e inermi, magari legati e imprigionati. L’assassino del potente abbattuto è uno sciacallo che finisce un leone morente, non un eroe. Le nazioni che nascono per mano di Maramaldo e sul corpo straziato di un re decapitato, possono generare solo ingiustizia e infamia. Noi ne sappiamo qualcosa. E farsi liberare di un prepotente da uno ancora più forte – e quindi più prepotente – non è una liberazione, ma l’inizio di una peggiore schiavitù.