Vi dico io la verità sui precari
Per sintetizzare le vicende che coinvolgono i precari della pubblica amministrazione occorre partire dalle false promesse fatte dal governo Prodi, che ha allegramente legiferato sulle assunzioni degli stessi con una copertura finanziaria a tratti fittizia, a tratti futuribile, in ogni caso insufficiente. Questo governo si trova, oggi, a essere considerato irriguardoso verso questi lavoratori soltanto perché non ricorre a una facile propaganda politica fatta di opportunistiche promesse di stabilizzazione. Promesse che sarebbero rovinose per i precari, in quanto prive di un fondamento realistico. Lo Stato non è in grado di sostenere, in termini finanziari, l’impegno durevole che scaturirebbe dall’assunzione a tempo indeterminato di tutte queste unità di personale. Piuttosto che impegnarsi con ingannevoli proclami faziosamente propagandistici, questo governo ha affrontato la tematica del “precariato” nelle amministrazioni pubbliche con una serie di azioni positive e concrete che è utile evocare. Questo esecutivo ha portato a compimento le procedure di stabilizzazione lasciate inconcluse dal precedente governo, mediante adozione dei provvedimenti di autorizzazione per tutte le amministrazioni statali, enti pubblici non economici e, in particolare, enti di ricerca (sono stati stabilizzati nel triennio 2008-2010 circa 40mila precari, compreso il comparto scuola). Questo ha determinato la diminuzione complessiva di personale a tempo determinato. La previsione per il triennio 2011-2013 è nel senso di un’ulteriore e significativa riduzione, tenuto conto del piano straordinario di assunzioni di personale scolastico approvato, accompagnato nella sua attuazione anche da un accordo sindacale sottoscritto in sede Aran. Il suddetto piano prevede, in un solo anno (2011), l’assunzione a tempo indeterminato di circa 67mila unità di personale già titolare di rapporto di lavoro a termine (più del 30 per cento del totale), seguita da ulteriori assunzioni nel 2012 e nel 2013. Esso, quindi, rappresenta una concreta risposta non solo al fabbisogno di personale del settore scolastico ma, anche, alle esigenze di stabilizzazione dei lavoratori di tale settore.
Questo governo è intervenuto con misure di legge per contrastare il formarsi di nuovo precariato e rimuovere, con interventi dissuasivi, le irregolarità poste in essere. Uno strumento di dissuasione è quello di rafforzare la responsabilità sanzionatoria in capo ai dirigenti che operano in violazione della disciplina in materia. Infine, il governo ha introdotto il principio della valorizzazione della professionalità maturata dai soggetti definiti “lavoratori precari”. Con apposito intervento normativo è stata prevista una forma speciale di reclutamento per gli anni 2010-2012, anche mediante concorsi pubblici con riserva di posti fino al 40 per cento dei lavoratori a termine con destinazione del 40 per cento delle risorse finanziarie disponibili per le assunzioni ai sensi della normativa vigente.
Appare evidente che, in un momento di innegabile difficoltà per il Paese, gli interventi effettuati sul fronte occupazionale del settore pubblico abbiano mirato a coniugare, nel miglior modo possibile, il rigore necessario sui conti pubblici, attraverso un vero contenimento delle spese di personale, e le legittime aspettative di molte decine di migliaia di lavoratori “precari” nella pubblica amministrazione che, sulla base di regole e priorità stabilite dalle leggi vigenti, potranno vedere riconosciuto il proprio pluriennale impegno professionale, mediante procedure di stabilizzazione del rapporto di lavoro. Il caso della scuola assume dimensioni importanti e significative. Le stesse organizzazioni sindacali hanno riconosciuto la straordinarietà e la grande rilevanza del piano di assunzioni adottato in questo delicato e strategico settore, accettando di “sacrificare”, con uno specifico accordo siglato con l’Aran, una piccola parte dei benefici economici legati all’anzianità pur di consentire il maggior numero possibile di assunzioni di personale precario. Il dualismo del mercato del lavoro italiano, che separa il gruppo degli insiders (i lavoratori protetti e pagati di più) da quello degli outsiders (il moderno esercito di riserva dei lavoratori “precari”), è la conseguenza storica della rigidità del nostro sistema. L’elevato tasso di disoccupazione giovanile ne è una delle conseguenze. Il superamento del dualismo insiders-outsiders richiede l’eliminazione di questa rigidità. La flessibilità, regolata e razionalizzata, e accompagnata da appropriati incentivi fiscali è, al contrario di quanto si pensa, proprio lo strumento per superare il dualismo del mercato del lavoro che è l’origine del precariato.
L’utilizzo delle forme contrattuali a termine nella pubblica amministrazione non genera di per sé forme patologiche di flessibilità. Al contrario è uno strumento che, introducendo efficienza economica, serve a combattere il cosiddetto precariato. Naturalmente, va contrastato con idonee misure preventive l’utilizzo di tali tipologie contrattuali quale ordinaria modalità di acquisizione delle risorse umane, secondo procedure che non garantiscono il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e merito ed eludono le limitazioni finanziarie previste per le assunzioni a tempo indeterminato. Nel futuro, quella che ora si configura come disciplina transitoria di reclutamento speciale, prevedendo per ogni concorso pubblico la possibilità di valorizzare le esperienze professionali acquisite con rapporti di lavoro flessibile nella PA, potrebbe diventare una norma generale a regime. In ogni caso, qualsiasi intervento in materia di assunzioni non può prescindere dal rispetto dei vincoli finanziari derivanti dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica e dalla tutela dell’interesse dei soggetti vincitori di concorso che attendono l’ingresso nella pubblica amministrazione per il perdurare del regime limitativo delle assunzioni. Altri interventi importanti in materia di organizzazione flessibile del lavoro si realizzeranno con l’attuazione del decreto legislativo che riforma il contratto di apprendistato.