Napoli riparte (grazie ai soldi della Regione)
Rialzare la testa non significa solo mettersi alle spalle l’etichetta della pizza e dei mandolini o archiviare in via definitiva la stagione di Bassolino. Rialzare la testa, per Napoli, significa soprattutto andare sul concreto. Qualcosa comincia a cambiare e prendono corpo i grandi progetti di riqualificazione del centro antico e del porto. Circa 450milioni di euro saranno investiti a breve per valorizzare la grande infrastruttura marittima e l’enorme patrimonio culturale compreso nel perimetro dell’antica città greco-romana.
Due grandi interventi che, emblematicamente, prescindendo dalla rituale enfasi retorica degli annunci, rappresentano la determinata volontà del centrodestra alla guida della Regione Campania di rilanciare l’economia e il lavoro facendo leva sull’antico rapporto tra la città e il mare nonché sull’incomparabile patrimonio storico-culturale napoletano. La pubblica opinione ha recepito favorevolmente il varo dei provvedimenti poiché essi rappresentano un forte segnale di discontinuità con la passata gestione bassoliniana della Regione Campania. In entrambi i casi si tratta di realtà complesse in cui l’annosa sedimentazione delle questioni irrisolte ha reso ardua la loro definitiva risoluzione. L’ambizione del progetto è tutta riassunta nella sfida lanciata dall’assessore all’Urbanistica Marcello Taglialatela: «Rendere vivo e vitale il cuore del centro storico partenopeo. Una grande scommessa da vincere per Napoli, per l’intera Regione Campania».
Gli interventi riguarderanno il recupero strutturale e funzionale di una trentina tra chiese, storiche cappelle e complessi religiosi, disseminati all’interno delle antiche mura greco-romane. Ma anche le due torri della storica porta Capuana, Castel Capuano, l’antico teatro di Neapolis, Palazzo Penne, e gli ospedali Annunziata ed Ascalesi. Non tutto, ma una significativa parte del centro storico più vasto d’Europa. Per dare anche sotto questo aspetto – come ha riferito lo stesso Taglialatela – un taglio netto col passato. La disponibilità finanziaria (100 milioni di euro resi disponibili dai fondi del Por 2007-2013) è stata, infatti, finalizzata ad interventi nel solo comprensorio greco-romano, così evitando la polverizzazione tipica delle passate gestioni e ottenendo dall’investimento il massimo risultato possibile.
Il piano redatto dall’assessorato all’Urbanistica, infine, non si limita ai soli beni culturali ma estende la sua azione alla miriade di aziende artigiane che popolano piazze, strade e viuzze del centro antico. E si interseca in termini di sicurezza con la contemporanea realizzazione di un efficiente servizio di video-sorveglianza, con il rifacimento degli impianti di illuminazione stradale e con la riqualificazione degli spazi urbani, offrendo ai piccoli imprenditori della macro area considerata la possibilità di ammodernare le proprie botteghe ed i piani terra degli edifici interessati dalle loro attività attraverso la concessione di contributi in denaro.
Dall’edificio dell’Autorità portuale, in asse col cardine maggiore (via Duomo), quasi a fare da controcanto all’assessore all’Urbanistica, il Comitato portuale annunciava l’approvazione delle linee di indirizzo per lo sviluppo del porto di Napoli. Anche in questo caso la Regione Campania ha avuto un ruolo basilare avendo resi disponibili – per il momento – per l’ammodernamento della vitale infrastruttura ben 335 milioni di euro sui fondi comunitari della programmazione 2007-2013.
Il porto di Napoli è da sempre la realtà economica più importante della Regione Campania sia per i traffici marittimi in entrata ed in uscita, sia per i suoi 700 milioni di euro di fatturato annuo complessivo, per i 4800 dipendenti diretti e i diecimila lavoratori dell’indotto. In realtà, questi dati risentono molto delle condizioni strutturali del porto che non raramente ripropongono immagini e fatti ampiamente presenti nella sua storia di fine Ottocento: mancanza di approdi, di sicurezza per i passeggeri, abbandono d’importanti Compagnie di navigazione dello scalo, carenze di collegamenti ferroviari con le piattaforme logistiche dell’immediato retroterra.
Contrariamente al passato – remoto e recente – il governo regionale di centrodestra non è rimasto insensibile agli appelli ed alle preoccupazioni espresse dal cluster marittimo campano. Con questo primo, consistente, finanziamento per l’ammodernamento del porto, il governatore Stefano Caldoro si è prefisso di creare almeno quarantamila nuovi posti di lavoro negli ambiti commerciale e turistico. E per ottenerli ha dato un taglio netto alle politiche assistenziali bassoliniane varando il “piano lavoro”, ove si prevedono incentivi economici alle aziende che assumeranno giovani e formeranno le figure professionali richieste dal mercato. «I nostri giovani – ha sottolineato Caldoro – devono poter trovare qui le condizioni giuste per vivere e contribuire alla crescita del Paese».
Il piano degli interventi contempla il recupero delle parti storiche dello scalo partenopeo – molo san Vincenzo ed Immacolatella Vecchia – la razionalizzazione della viabilità interna al porto, il dragaggio dei fondali, nuove strutture per l’approdo, la realizzazione di un passante ferroviario e di una rampa di collegamento all’autostrada, la funzionale sistemazione del Beverello, il completamento della Darsena di Levante e la messa in sicurezza dei depositi petroliferi.
La modernizzazione del porto, tuttavia, da sola non basta. Perché questa diventi una possente leva per il rilancio dell’economia campana e del Mediterraneo così come auspicato dal governatore della Campania, occorre sviluppare ed attrezzare la piattaforma logistica campana e dar vita a progetti di valorizzazione delle risorse turistiche e culturali perché si creino le condizioni propizie per l’occupazione, lo sviluppo e la crescita economica di Napoli e della sua regione.