La bufala indignados lanciata dai media
Il marchio non è ancora registrato, ma probabilmente è solo questione di tempo. Non c’è parola più alla moda di “indignados”. Traducibilità facilissima, termine nato in Spagna e riservato in un primo momento al movimento di contestazione giovanile iberico. L’esportazione è stata istantanea e, come per i brand che hanno un adeguato marketing, si è diffuso rapidamente.
Un’operazione nata a tavolino con le stesse dinamiche che portano alla promozione dei blockbuster internazionali. Dopo il grande successo a Madrid, Londra, Santiago del Cile e Parigi, prossimamente nelle nostre piazze arriveranno ufficialmente anche gli «indignados» italiani. La data è già fissata, (sabato 17 settembre) alla faccia dell’adunata spontanea, nata casualmente sul web. Quanto puzzi di prodotto nato in provetta, è provato dall’ultima icona ei giovani arrabbiati. Cilena, 23 anni, si chiama Camila Vallejo Dowling: un po’ Violante Placido un po’ Marianna Madia. Bella e sexy come l’attrice, promozionata nel suo Paese quasi quanto lo fu da noi la giovane Pd ai tempi della stagione veltroniana. La nostra Camila vanta un curriculum da leader studentesco, una serie di proteste di piazza contro il governo di Sebastiano Pinera, prontamente etichettato dalla stampa italiana come il «Berlusconi cileno». La graziosa pasionaria funziona giornalisticamente in quanto figlia di «comunisti» degli anni Settanta, in piazza come lei. Un titolo di merito, a leggere i resoconti della stampa di mezzo mondo, dal settimanale tedesco Die Welt, che ha dedicato alla nostra eroina un nostalgico richiamo al ’68 per finire al Venerdì di Repubblica, che ha dedicato l’ultima copertina alla fotogenica eroina che ha tutto per diventare una star della sinistra ai tempi del Social network: occhio ceruleo, piercing al naso, sciarpetta rossa e pugno chiuso in bella evidenza. Il franchising mediatico su mezzo globo terracqueo funziona così. Non potendo cavalcare la protesta si selezionano i personaggi più funzionali al progetto. Così i giovani che vanno in piazza sembrano usciti dalla famiglia del Mulino bianco.
Il filo comune resta quello della delegittimazione della classe politica. Una distruzione sistematica senza stare a sottilizzare sul colore dei governanti. Non a caso la protesta ha ricevuto il suo battesimo mediatico a Madrid, dove governa il campione radicalchic, Josè Luis Zapatero. In piazza contro il più rosso dei governi occidentali, ma travolto come e più degli altri dalla crisi. Guai però a individuare come filo comune la situazione economica: basti pensare che la protesta in Perù arriva in una nazione che nell’ultimo anno ha visto incrementato enormenente il suo Pil. In quel caso, gli indignati contestavano le politiche scolastiche. Perché sotto l’etichetta di «indignados» si rifugiano tutti i movimenti del pianeta, con le motivazioni più eterogenee. Da Londra, dove le proteste sono degenerate in vera e propria guerriglia alla cosiddetta primavera araba. Come pure la piazza di Atene non aveva nulla a che vedere con le proteste giovanili nelle Filippine. Ormai il brand è lo stesso per tutti. Si tratti di una manifestazione contro il precariato o una rivoluzione per rimuovere un despota. Il titolo del film è sempre quello. Stasera il format di “Indignados” va in scena perfino in Israele. Come scrive il quotidiano Haaretz, a Tel Aviv è in programma la «Marcia del Milione», appuntamento chiave per il destino di questo movimento di protesta che non ha precedenti nella storia del Paese. Gli organizzatori stanno lavorando duramente per cercare di coinvolgere quante più persone e dare nuovo slancio alle loro rivendicazioni. Il movimento, osserva Haaretz, da quando si è organizzato ha conosciuto alti e bassi. Si è conquistato un ampio sostegno, lasciando sorpresi anche gli stessi leader, i quali, a loro volta, a causa della loro inesperienza hanno anche commesso qualche errore che ha messo a rischio il futuro della protesta. Per questo «è chiaro a tutti che l’evento di stasera «è di una importanza cruciale», scrive Haaretz. L’evento principale inizierà in Kikar Hamedina, a Tel Aviv, alle 21.30 (ora locale). Sarà preceduto da una marcia che sfilerà per le vie della città. Alla manifestazione interverranno tra gli altri Daphni Leef, iniziatore della protesta delle tende, e il leader dell’associazione studentesca israeliana, Itzik Shmuli. Gli organizzatori e la polizia si aspettano alcune centinaia di migliaia di persone in piazza.
Da noi, invece, il format “Indignados” viene adattato persino con involontari effetti comici. A parte Beppe Grillo, che è andato persino in Spagna per cercare un ideale gemellaggio con gli studenti di Puerta del Sol, ci sono emuli di ogni tipo. Da chi contesta il sindaco di Parma alla tre giorni di trecento «indignati cuneesi». Lunedì sarà la volta di quelli torinesi, mentre la Fiom ha già messo il cappello sulla manifestazione di sabato 17 settembre. Insomma, c’è un indignato a ogni latitudine, dall’Alaska a Lampedusa. A sinistra (e tra i postsessantottini) si lavora con grande creatività nel tentativo di individuare un nesso, un ideale filo rosso tra queste proteste e quelle del passato. Come quello che unisce la telegenica Camila con il papà Reinaldo, orgogliosissimo della sua bambina. Quest’ultimo, come il «compagno di banco» cantanto da Antonello Venditti, «si è salvato dal fumo delle barricate» ma non è entrato in banca. Gli è andata peggio: è finito a fare l’attore in una telenovela. Quasi più finta del format che interpreta sua figlia.