Ricerca, la realtà è migliore della fantasia

8 Lug 2011 20:34 - di

Paolo Capasso
Èsicuro che l’Italia si limiti a produrre ed esportare scienziati? Che non sia possibile essere profeti in Patria? Che esista solamente la cosiddetta “fuga di cervelli” all’estero? La tendenza a “confezionare”, “allevare” in casa gli studiosi per poi lasciarli partire verso lidi in cui si offrono migliori opportunità e vantaggi professionali, è una realtà. Ma in fatto di ricerca esiste anche un’eccellenza nostrana che riesce a trovare in casa le proprie chance.
Dando una sbirciata alle statistiche e ai dati emergono situazioni contrastanti che consigliano di articolare meglio il giudizio finale.
Nonostante un finanziamento per la ricerca (1,14 per cento del Pil) lontano dall’obiettivo e dalla media comunitaria, l’Italia è comunque al sesto posto al mondo per produzione scientifica. L’ultima classifica della Royal Society britannica ci attribuisce il 3,7 per cento delle pubblicazioni che vengono citate in altri studi al mondo (uno degli indici usati per misurare la qualità della scienza), con gli Stati Uniti in testa al trenta per cento.
Per numero di pubblicazioni scientifiche va ricordato che l’Europa, nonostante il predominio statunitense, sta davanti a tutti.
In Italia, però, le cose vanno un po’ peggio: occupando pur sempre un posto nelle “top ten” in ogni disciplina scientifica, come si conviene a un Paese del G8, il nostro Paese investe meno dei diretti concorrenti. Considerando un’indagine su quanti articoli scientifici sono stati prodotti, come campione il decennio 1999-2009, l’Italia risulta essere in ottava posizione a livello mondiale con 403.562 articoli (primi gli Stati Uniti con 2.974.344) ma quarta a livello europeo (la Germania la fa da pardona con 766.162 pubblicazioni). Osservando un altro studio, relativo ai progetti di ricerca finanziati dallo European Research Council l’Italia nel 2009, si attestava in quarta posizione con 23 progetti al cospetto del Regno Unito (55), Germania e Francia (31).
La situazione è insomma in chiaroscuro. Vediamo qualche esempio per capire meglio la situazione. Nel 2010 il nostro è stato il Paese europeo in cui il numero di imprese biotecnologiche ha avuto una crescita maggiore: sono ormai 375 i gruppi operativi, in aumento del 2,8% sul 2009, per la maggior parte specializzati nel farmaceutico ma anche nell’agroalimentare e nella “genomica”.
Prendendo spunto proprio dalla genetica, a conferma degli sforzi compiuti dai nostri ricercatori c’è l’esempio del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) che ha ottenuto un importante riconoscimento internazionale. La “Mouse clinic”, un polo di ricerca costruito alle porte di Roma, a Monterotondo, dove il massimo organo di ricerca nazionale si occupa di studiare il genoma dei topi come chiave per la comprensione delle malattie umane, è stata ammessa all’International mouse phenotyping consortium (Impc). È l’unica struttura italiana a partecipare a questo network mondiale, costituito da istituti di ricerca d’eccellenza, per sviluppare un’enciclopedia completa delle funzioni dei geni dei mammiferi.
Per quanto concerne il Cnr è stato ottenuto un altro autorevole risultato. Il prestigioso premio per la Fisica delle particelle e delle alte energie, conferito ogni anno dalla European Physical Society che ha visto per questa edizione la presenza tra gli assegnatari fisici, Luciano Maiani, ex direttore generale del Cern (l’Organizzazione europea per la ricerca sul nucleare) e attuale presidente del Cnr.
Anche in ambito universitario c’è qualcuno che non solo non è fuggito all’estero, ma argomenta a favore dell’accademia nostrana. È il caso di Silvano Petrosino, docente di filosofia morale all’Università Cattolica di Milano: «È meglio il sistema italiano di quello statunitense», ha detto senza mezzi termini Petrosino. «Trovo la nostra università migliore rispetto a quella americana perché alla base dell’accademia italiana c’è, magari anche inconsapevolmente, una concezione di cosa significa apprendere, e più in generale sapere, che giudico più vera e più adeguata all’essere umano».
Anche sul fronte dolente degli investimenti va segnalato qualche dato in controtendenza. Nel fondamentale comparto energetico sono stati stanziati con fondi ministeriali ed europei circa 120 milioni di euro per l’apporto progettuale e realizzativo del Consorzio Rfx al progetto Iter (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor). Iter persegue l’obiettivo di produrre 500 MW di potenza da fusione con un guadagno energetico pari a circa dieci volte la potenza immessa. Il passo successivo dovrebbe poi essere quello di un reattore sperimentale di potenza, chiamato Demo per la produzione di energia elettrica su larga scala.
Ma più in generale va ricordata l’approvazione del Programma nazionale della ricerca che, in nome dell’innovazione prevede un finanziamento di 1.772 milioni per quattordici progetti di punta. Un programma che mira a decollare con procedure più snelle. «Il programma è un esempio delle capacità del Paese di fare squadra», ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Università e della Ricerca Mariastella Gelmini. «Dopo molti anni finalmente il nostro Paese può vantare uno strumento di pianificazione volto al rilancio della ricerca».
Una ricerca della Iseo Summer School, condotta su 488 tra i migliori studenti laureati in economia, ingegneria, legge e scienze sociali provenienti da 213 tra le più importanti università del mondo da 89 nazioni diverse, ha segnalato che i laureati stranieri sognano di lavorare in Italia. Più sette laureati su dieci sono pronti a trasferirsi da noi, in aziende del calibro di Unicredit, Fiat, Ferrari, Intesa e Enel, a testimonianza che l’Italia non è un Paese sfuggito dagli studenti stranieri che cercano una prima occupazione professionale.
L’Italia in ultima considerazione, si conferma un Paese d’eccellenza in fatto di ricerca e know-how. Un tradizione che parla da sé.
Tra gli esempi del passato che hanno dato lustro al sapere scientifico nostrano, possiamo ricordare il primo premio Nobel italiano, Camillo Golgi, cui si deve la comprensione tempestiva del fatto che il sistema nervoso è un sistema di cui è possibile conoscere la struttura. La sua famosa “reazione nera” gli apre le porte del Nobel nel 1906 in cui sei mesi dopo anche Giosuè Carducci avrà il Nobel per la letteratura. Nel 1907 Volterra promuove la nascita della Sips (Società italiana per il progresso delle scienze) di cui è il primo presidente. Premio Nobel anche a Guglielmo Marconi per l’invenzione del telegrafo, mentre Mauro Picone ha fondato il primo istituto al mondo di matematica applicata.

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