Manovra passata. Cosa accadrà domani?
Roma
Lo tsunami c’è stato o il peggio deve ancora arrivare? C’è chi ha fretta di raccogliere le macerie e pensa alla ricostruzione, chi si trincera dietro «l’avevo detto» e attacca chi non aveva previsto il maremoto, malgrado i segnali. A tutte le latitudini politiche, però, la tempesta dei mercati segna un punto di non ritorno. Con la fiducia alla manovra (ieri al Senato, oggi alla Camera) si è tamponata a tempo di record l’emorragia, ma da domani che succede negli equilibri dello scacchiere politico?
Il centrosinistra, che da sempre sogna la spallata, in queste ore è seriamente tentato dalla “speranza” di mettere ko per sempre l’odiato Cavaliere, che però, non solo non molla il ring ma ha dalla sua una maggioranza che, senza supponenza, può prendersi il merito di aver agito con tempestività sul paziente.
L’opposizione intende far pesare la mano tesa alla maggioranza «per il bene del Paese» e chiede cambi di marcia soffiando sul fuoco della ingovernabilità. Un big come Massimo D’Alema si concede al Corriere per dettare la linea per uscire del cul de sac. «La via maestra sono le elezioni», dice, «ma se ci sono le condizioni di fare un governo di fine legislatura per affrontare la crisi e per cambiare la legge elettorale, siamo disponibili». Nessuna manovra di palazzo, giura. E di governo di responsabilità nazionale, anzi di salvezza nazionale che suona meglio, parla come di una panacea necessaria Ferdinando Adornato: «Sta accadendo quello che andiamo dicendo da almeno due anni, adesso i fatti ci danno ragione. Se guardiamo agli interessi del Paese, serve un esecutivo di responsabilità nazionale, non c’è un’altra via». Con quale premier, però, non lo dice, «lo decideremo insieme», risponde il parlamentare dell’Udc, «quello che conta è che faccia un piano di sviluppo e di risanamento, bisogna ricucire il tessuto nazionale e non si può fare con il simbolo di una classe politica che ha fallito». Insomma Berlusconi deve mettersi da parte, e questo è la pre-condizione che vede uniti come un sol uomo centristi di Casini, Democratici, dipietristi e vendoliani.
«Prima era un problema politico, oggi è un problema finanziario», va giù duro l’ex forzista Adornato che sogna un governo tonico per realizzare l’agenda Draghi, che abbia «la stessa configurazione che ha avuto in Germania il governo di Grosse Koalition».
«Oggi voteremo una fiducia scontata e straordinaria, dopodiché dal punto di vista della fragilità del governo non cambia nulla, questa è una maggioranza che non c’è più politicamente», dice Roberto Giachetti fieramente all’opposizione, che dispensa sornione consigli agli avversari e raccomandazioni ai suoi. «Prima la forza del centrodestra era la forza di Berlusconi, capace di mettere a tacere qualsiasi schermaglia, ora la situazione si è invertita e le baruffe sono all’ordine del giorno. Come parla ne scatena una». Insomma il Cavaliere è un freno a mano, non solo per il Paese ma anche per la maggioranza. «Finché non si toglie di torno è una lenta agonia del governo, con Berlusconi non può accadere nemmeno l’imprevedibile». Addirittura. Come se ne esce? Giachetti, un passato radicale e poi margheritino, non fa nomi né si arrampica su formule politichesi, però dice chiaro e tondo che se l’attuale maggioranza vuole mettere in campo un governo che abbia il sostegno dell’opposizione «deve mettere mano a un programma di riforme, non solo quella elettorale, per tamponare la situazione». Niente urne, come auspica il lider maximo? Giachetti non lo dice ma lascia capire che se Sparta piange Atene non ride, insomma la sinistra non è molto attrezzata n questa direzione. «Il Pd deve dire qual è il suo rullino di marcia e decidere le sue priorità, ma non con 400 pagine di programma». Pero, ribadisce, solo se il Cavaliere si decide ad andare in pensione si può ragionare. E se lo fa chi prenderà il suo posto? «Il mio non è un problema di nomi…». E come vede il nuovo corso del Pdl inaugurato dalla segreteria di Alfano? «Angelino è un mio grande amico – sorride – però non ce la può fare, ha già detto che Berlusconi dovrà ricandidarsi nel 2013…».
Il governo Berlusconi mangerà il panettone? «Dopo la manovra il governo è più forte», dice Maurizio Gasparri reduce dalla fiducia al Senato, «la manovra va avanti, abbiamo superato un passaggio molto delicato, abbiamo preso importanti decisioni con una tempistica record». Il presidente dei senatori pidiellini fa notare che soltanto il 6 luglio Bersani era pronto a giurare che la manovra non sarebbe stata licenziata prina di settembre. Forse anche per questo Anna Finocchiaro, come un Erinni si è scagliata contro la maggioranza. Gasparri non è sorpreso del linguaggo sopra le righe della collega, «da un lato hanno la necessità di esibire senso di responsabilità, dall’altro temono di essere accusati di essere collaborativi, alla fine sono obbligati a calcare i toni». Se il governo e la maggioranza hanno mostrato grande tempestività nel gestire la crisi, però, non c’è spazio per l’ottimismo di maniera. «La situazione resta difficile, grande parte dell’agenda politica sarà dettata dall’economia», dice auspicando un clima di maggiore coesione. «Dobbiamo continuare ad essere autosufficienti senza l’arroganza di chi ha in tasca le certezze. Lunedì non accadrà nulla. La maggioranza ha la possibilità di proseguire la sua azione e l’opposizione farebbe bene a tenere un atteggiamento più consono alle necessità della comunità nazionale e all’emergenza finanziaria. Parlano di voto anticipato? Non credo che abbiano questo interesse, per come sono combinati non sono credibili».
Ha le idee molto chiare sui possibili scenari, l’udiccino Roberto Rao, che però non si fa trascinare nel gioco della Torre. Il primo e più auspicabile è quello che prevede una risposta positiva dei mercati e il ripristino della normale dialettica politica, per quanto caotica e rissosa. «Se così sarà, significa che la manovra è stata efficace e l’opposizione ha fatto bene la sua parte, in questo caso ognuno tornerà sulle sue barricate…». Ma può anche succedere che la debolezza della Borsa richiede aun’altra manovra aggiuntiva, «in questo caso avremmo buttato a mare miliardi di euro e fatto sacrifici vani». Se dovesse succedere la maggioranza può scordarsi l’aiuto dell’opposizione – scandisce Rao – «non possiamo certo rivotarla e a quel punto saremmo al tracollo». Che fare? «Per durare il governo dovrebbe dare vita a una “transizione morbida”». Cioè? «Alfano fa un nuovo governo con questi numeri e si va avanti». Ipotesi di scuola, forse, ma interessante. Ultimo scenario: «Implode tutto e serve un governo dell’ambulanza a sirene spiegate, un governissimo di emergenza o elezioni anticipate». Caustico Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia, per il quale «la manovra è solo un tampone da approvare subito, mc’è il rischio che gli avvoltoi tornino in agguato». Cambi di rotta, di governo, di maggioranza? «Da anni dico che la soluzione deve passare attraverso tagli drastici alla spesa pubblica e non drastici aumenti di tasse», taglia corto, «la storia dimostra che spesso le persone meno adatte sono le più adatte». Un nome? «Ho già detto che preferisco tre-mani a tre-monti».