«Se vince il no al nucleare scenari poco rassicuranti»
Cosa succede se passa il referendum sul nucleare? Enzo Gatta, presidente dell’Ain (Associazione italiana nucleare) non ha dubbi: si pregiudicherà il futuro energetico del Paese. «Se da parte degli elettori – spiega – si raggiunge il quorum e il risultato è un “no” al nucleare questa fonte di energia non può più essere considerata un’opzione per l’Italia. Si rischia, quindi, di riportare indietro il nostro Paese, come è già successo nell’87 con il referendum dopo Chernobyl. Il referendum allora non chiedeva un “sì” o un “no” al nucleare. Vi erano tre quesiti di varia natura che però non potevano essere una rinuncia al nucleare, ma il governo dell’epoca valutò quel risultato come un no del Paese a questa fonte energetica, con tutte le conseguenze che abbiamo ancora oggi. Ora, con l’approvazione della legge omnibus, c’è già stata una rinuncia al nucleare e i cittadini sono chiamati a confermare soltanto quanto deciso dal governo». Per il presidente dell’Ain, «gli scenari che si aprono dopo il voto purtroppo non sono rassicuranti. Si rischia di avere – sottolinea – un approvvigionamento dell’energia da combustibili fossili e con conseguenti grandi emissioni di Co2. In sostanza, aumenterà il consumo di gas e carbone. E anche i consumi di energia saranno più costosi per i cittadini e le imprese. Se non si costruiscono centrali nucleari che potrebbero produrre cento miliardi di kilowattore di energia, inevitabilmente si dovranno bruciare più gas e carbone». Gatta, poi, osserva che l’attenzione sul nucleare in Italia «è aumentata dopo la tragedia di Fukushima, ma un tema così importante non può essere deciso sotto l’onda dell’emotività. Bisogna far capire che in Italia non si costruirebbero impianti nucleari datati, ma di terza generazione. Se in Giappone ci fosse stato un impianto di questo genere quel disastro non sarebbe accaduto». Inoltre, puntualizza, «consumando combustibili fossili necessariamente di importazione saremmo ancora più soggetti all’instabilità geopolitica dei Paesi fornitori. Chiaramente – conclude il presiente dell’Ain – noi sosteniamo che nell’ambito della diversificazione delle fonti di approvvigionamento ci sia anche lo sviluppo delle rinnovabili, senza dimenticare che è necessario investire per una migliore efficienza energetica».
L’Italia farebbe un passo indietro
Dopo la decisione del governo di tornare al nucleare per la costruzione delle centrali si erano attivate quattro società tra le quali anche Enel che è già un operatore nucleare in Spagna e Slovacchia. E sta costruendo impianti in Francia assieme alla società Edf e ha stretto un accordo per costruire centrali anche in Italia. Ora se passa il no l’Italia rischia di ripetere l’errore di vent’anni fa e rimanere fuori dal novero dei Paesi autonomi dal punto di vista energetico. I sostenitori del nucleare hanno spiegato che questa fonte d’energia ha tre vantaggi. Uno di tipo ambientale: è l’unica grande quantità di energia stabile nel tempo senza le emissioni di Co2. Un vantaggio economico legato al fatto che l’energia prodotta dal nucleare ha un prezzo basso e stabile nel tempo. E, infine, strategico perché offre la possibilità di liberarsi dalla schiavitù del petrolio e quindi non saremmo più subalterni all’Opec e alla Russia. L’Italia sotto l’aspetto energetico è, infatti, un Paese fortemente squilibrato. Il 51 per cento dell’energia elettrica che consumiamo è prodotta col gas naturale. Per fare un esempio basti considerare che la Francia produce il 75 per cento dell’energia che consuma con il nucleare. La Germania il 23 per cento col nucleare e il 46 per cento col carbone. L’Italia col carbone consuma solo il 13 per cento. Il nostro Paese dipende in maniera eccessiva dal gas che ha un costo alto ed è molto instabile perché tende a oscillare sui mercati. Per il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che ha la delega al nucleare, «precludersi per sempre l’utilizzo di tale tecnologia sarebbe un suicidio, sia sotto il profilo dei costi, sia per l’abbattimento della Co2, sia per l’enorme opportunità industriale che rappresenterebbe».
Posizioni differenti nel Pdl
Nella maggioranza non tutti sono favorevoli al nucleare. C’è chi è contrario come Fabio Rampelli che ieri ha partecipato – con il leader dei Verdi, Angelo Bonelli – a una manifestazione per il sì al referendum nucleare. «La maggioranza degli elettori del centrodestra – dice – è contraria alla realizzazione di centrali. È doveroso che trovino tra i dirigenti Pdl persone che vogliono rappresentarli. Il Pdl sui referendum ha indicato la libertà di voto, anche con lo scopo di far prevalere le sensibilità dei cittadini sui quesiti posti dai comitati promotori rispetto all’appartenenza politica. Sul nucleare l’80 per cento degli elettori di centrodestra è contraria alla realizzazione di nuove centrali e contribuirà al raggiungimento del quorum e alla definitiva cancellazione della fissione nucleare in Italia. Gli elettori di centrodestra che numerosi parteciperanno al voto non sono contro Berlusconi né intendono passare con la sinistra, sono solo convinti che il nucleare sia vecchio e pericoloso». Contraria anche Roberta Angelilli che oggi con Luca Malcotti e l’associazione di giovani del Pdl Officina Futura parteciperà a Roma a una manifestazione a sostegno del sì al referendum sul nucleare.