Pontida, un test per la Lega più che un agguato al Cav

17 Giu 2011 20:05 - di

Su quel grande prato verde, dove nascono speranze che si chiamano palazzi, anzi ministeri, domenica mattina la scena la occuperà quasi interamente il leader ammaccato, Umberto Bossi. Sarà lui il protagonista indiscusso della kermesse leghista di Pontida, da sempre a metà strada tra la ritualità pagana del guerriero federalista che si immerge nelle ampolle e la più tradizionale rappresentazione da sagra della porchetta in salsa lombarda, con il padano che si tuffa nel boccale di birra in un tripudio di canti e rutti. A due giorni dall’evento, considerato dirimente per le sorti del governo di centrodestra, le ipotesi su cosa accadrà nelle vallate padane si infittiscono, fino a trascendere nella fantapolitica. La Lega staccherà la spina? Chiederà la testa di Berlusconi? Proporrà Maroni o Tremonti? O si limiterà a porre condizioni più o meno accettabili?
Poco o nulla di tutto questo. La sensazione è che la svolta di Pontida sarà quasi esclusivamente “ad uso interno” e servirà a ridare compattezza a un partito uscito peggio di tutti dalle ultime tappe elettorali, perdente alle amministrative e spaccato sui referendum, nonostante la sempre invidiabile capacità di comunicare alla pancia degli elettori, come hanno dimostrato i momenti successivi alla disfatta elettorale. Quelle “due sberle, ora basta”, evocate da Calderoli all’indomani dei referendum, hanno già ottenuto due risultati: scaricare sul governo e non sulla Lega la sensazione di impotenza o di passività post-referendaria, ma anche quello di monopolizzare all’interno del centrodestra l’analisi del risultato della consultazione popolare, togliendo spazio alle liturgie vittoriose del centrosinistra, più o meno giustificate.

Il primato degli slogan mediatici
Sberla, dunque, come sinonimo di sconfitta (altrui): una parola utilizzata ieri perfino dall’ex presidente brasiliano Lula per spiegare l’incalzato del governo italiano, «colpito dalle sberleffi elettorali», dopo la sua vergognosa decisione di non estradare Cessare Battisti. La comunicazione, dunque, vera specialità leghista quando c’è da fare anche un po’ di populismo e scaricare sugli altri le proprie responsabilità, sarà anche il motivo trainante di Ponti. Più che rompere col governo, ipotesi da escludere perché sconveniente soprattutto per la Lega, Ossi proverà a parlare un linguaggio vintage: toni forti e accenti ruvidi per chiedere riforme, ministeri, impegni sulla fine della missione in Libica. Ma senza rotture con Berlusconismo, al quale però verrà velatamente chiesto di fare un passo indietro, liberando il campo mediatico dall’ingombrante posizione di eterna conflittualità con i giudici e con l’opposizione, per dare spazio alla proposta politica in grado di risollevare le sorti del centrodestra. Anche in vista di un possibile ricambio della leadership, tra due anni, al termine di quella legislatura che la Lega non ha nessuna intenzione di abbandonare. Più abbia che morsi, dunque: da questo punto di vista anche il sindaco Alemanne può dormire sonni tranquilli e riporre le velleità da tribuno capitolino. Al di là di qualche minaccia, il Carroccio parlerà più ai suoi che agli alleati, tantomeno ponendo condizioni davvero inaccettabili come un reale trasferimento dei ministeri da Roma o l’immediata fine della guerra in Libia.

Le tre correnti (e i dissidenti)
Il senatùr non sarà il solo a parlare, dal palco di Pontida, ma il suo intervento sarà centrale, dieci-venti minuti, non di più. Ma non mancheranno anche gli interventi dei due delfini, o presunti tali, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, da sempre considerate le due anime in contrapposizione del Carroccio. La loro presenza sul palco, insieme, servirà anche a tacitare le ipotesi di furibonde lotte per la successione alla leadership di Bossi, dove invece la vera anima in ascesa è quella più vicina al senatùr: quella corrente che potremmo definire “famigliare”, capeggiata dal capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, vicinissimo ai Bossi, moglie compresa, e incaricato di svezzare la Trota Renzo verso una possibile successione nepotistica al papà. Pontidà servirà anche a questo: ridimensionare le ambizioni dei colonnelli e riportare il bandolo della matassa in mano a Bossi, chiamato a risvegliare gli istinti primordiali dei leghisti, delusi dal governo e dai risultati elettorali. Il “ghe pensi mi”, stavolta, lo farà Bossi, sparigliando le due (o tre) correnti che anche sul referendum si sono contese la visibilità sui giornali. Anche perché Flavio Tosi, sindaco di Verona, e Luca Zaia, presidente del Veneto, dispongono di un piccolo esercito di “dissidenti” e sono seguiti da una pattuglia di sindaci 40enni che, al referendum hanno votato sì. Bossi dovrà estremizzare le proprie richieste al premier per recuperare anche loro.

Il ruolo centrale di Bossi
Ai giornalisti che gli chiedevano come mai dal Carroccio è filtrata l’ipotesi che a parlare quest’anno possa essere solo Bossi, ieri il governatore del Veneto Luca Zaia ha risposto ricordando che «Bossi è il leader incontrastato». «Pontida ogni anno è l’occasione per fare un bilancio, un’operazione che facciamo sia nei momenti positivi che negativi. E servirà da riassunto anche all’attività governativa fatta dai nostri ministri che è sotto gli occhi di tutti». «Bossi detterà la nostra posizione, la linea della Lega che è quella giusta», aggiunge Roberto Cota, governatore del Piemonte. Per Roberto Maroni, «questo è un appuntamento importante in cui si diranno tante cose che certamente influiranno sulla scena politica, perché la Lega è sempre determinante e ancora una volta gioca un ruolo da grande protagonista». L’altro colonnello, Roberto Calderoli, si ritaglierà invece il ruolo di raccoglitore di firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per la “territorializzazione” dei ministeri e delle amministrazioni centrali dello Stato. Sul prato di Pontida saranno dislocate tre maxi aree di raccolta firme, con più di 150 persone complessivamente coinvolte nelle operazioni tra compilatori e autenticatori.

Pontida caput mundi?
La Padania ci scherza, ma non troppo: “Pontida caput mundi” si legge in una vignetta pubblicata dal quotidiano leghista. Fatto sta che il raduno del Carroccio sulla piana bergamasca, domenica prossima, è considerato cruciale soprattutto per il futuro del Carroccio, più che per quello del governo. L’attesa è per quanto dirà il senatùr ma sarà interessante cogliere anche le voci della base che si leveranno dal “sacro prato” e che, a giudicare dai forum e dai tam tam sulla Rete, non saranno certo all’insegna del tirare a campare. Ma i possibili fischi a Bossi non sono previsti nel programma, almeno in quello ufficiale.

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